- Sakis Tolis – Voce, Chitarra, Produzione
- Themis Tolis – Batteria
- George Bokos – Chitarra
- Andreas Lagios – Basso
1.Χαος Γενετο (The Sign Of Prime Creation) (3:20)
2.Keravnos Kivernitos (4:41)
3.Nemecic (4:15)
4.Enuma Elish (4:39)
5.Phobos' Synagogue (4:31)
6.Gaia Tellus (4:39)
7.Rege Diabolicus (2:52)
8.He, The Aethyr (4:34)
9.Helios Hyperion (3:50)
10.Threnody (5:19)
Theogonia
Quindici anni abbondanti sono passati da quando uscì l’EP “Passage to Arcturo”, piccola gemma che mostrò gli allora misconosciuti Rotting Christ come portabandiera della falange ellenica del Black Metal, piccola scena destinata a sfaldarsi dopo pochi anni (con i Rotting Christ stessi che passeranno ad uno stile nettamente Gothic con lo spesso sottovalutato “A Dead Poem” del 1997) e a ritrovare un po’ di brio solo nel nuovo millennio, grazie a fenomeni commerciali quali le Astarte o l’ingresso di nuove, talentuose leve underground quali i Nocternity.
Tenere alto il vessillo della propria madrepatria è dunque compito dei Rotting Christ di Sakis Tolis, unica BM-band greca di una certa risonanza internazionale ad aver resistito alle insidie del tempo: e da un paio d’anni a questa parte il quartetto ateniese ripaga le aspettative con gli interessi, vista la seconda giovinezza cui li ha condotti il penultimo “Sanctus Diavolos”, episodio capace di rinverdire i fasti Black Metal d’inizio carriera, mettendo da parte le tentazioni gotiche che hanno caratterizzato la band nel secondo lustro degli anni ’90.
“Theogonia” si sviluppa a partire dai buoni spunti del predecessore, e dal tentativo di superare “Sanctus Diavolos” viene fuori uno dei più ispirati lavori mai composti dai Rotting Christ nella loro quasi ventennale carriera: il mix di ferocia ed esperienza si rivela letale, e porta buonissimi frutti ad una band che erano in molti a dare già per spacciata. In questa loro nuova, ennesima incarnazione, i greci presentano il loro Black Metal dallo stampo prettamente melodico, dotato di curatissimi intrecci di chitarra (“Helios Hyperion”) ed esaltanti assoli al limite dell’Heavy Metal (“He, The Aethyr”), due aspetti che, coniugati alla limitata durata dei brani (solo un episodio al di sopra dei cinque minuti), innalzano la fruibilità e l’accessibilità di “Theogonia”. La batteria ossessiva, lineare, rapida, di Themis Tolis fa il paio con lo screaming acido del fratello Sakis nel dare un taglio più grezzo ad un suono comunque ben equilibrato, ulteriormente ingioiellato da una produzione di alto livello.
Elemento distintivo di “Theogonia” è il suono caldo e avvolgente, tipicamente mediterraneo, dei brani: i possenti cori maschili, gli inserti vocali nell’affascinante lingua natìa, le melodie d’origine araba (“Enuma Elish”) o derivanti dal Folk balcanico, sono tutti elementi ampiamente utilizzati da Sakis per variare la formula di base e costruire brani che danno il meglio di sé non solo per quanto riguarda l’aggressività, ma soprattutto per la strepitosa carica epica che comunicano: è questo il caso di “The Sign of Prime Creation” e “Keravnos Kivernitos”, magistrali per come condiscono con marziale epicità le ruvide ed oscure melodie estreme; altro highlight è “Gaia Tellus”, dai maestosi inserti corali, mentre “Nemecic” e “Threndoy” sono i capitoli in cui si fanno sentire con maggiore intensità espressiva le influenze Folk.
“Theogonia” è un disco che riporta indiscutibilmente il nome dei Rotting Christ nell’Olimpo del Black Metal: non cercate in questo platter un disco Black come tanti altri, non lo troverete affatto: “Theogonia” suona unico, personale, Rotting Christ al cento per cento, con tutte le qualità e i difetti (tra questi, una copertina orrida come da tradizione…) che questo marchio comporta; ciò che rimane oggettivo è che la costanza e la capacità di evolversi di Sakis sono state infine ripagate dalla definitiva maturità raggiunta dalla sua band.