- Nate Henry – voce, basso
- Dan Koch – chitarra, voce
- Joe Greenetz – batteria
- Mike Leibovich – tastiere, percussioni
1. Song in My Head (03:50)
2. The Best In Me (04:21)
3. Middle of the Night (03:31)
4. For the Longest Time (04:00)
5. Home (04:14)
6. Alley Cat (04:09)
7. Give Up! (03:35)
8. Never Ready to Leave (03:30)
9. The Only Song (03:15)
10. Alive (03:41)
11. The Simple Life (03:01)
12. A Different Light (03:06)
13. I'm Asking Her to Stay (05:02)
A Different Light
Gli Sherwood sono tornati. Due anni dopo Sing, But Keep Going la band californiana è di nuovo sulla scena, con il secondo full-length dal titolo A Different Light. Li avevamo lasciati nella veste di chi ha saputo crare qualcosa di buono senza, in definitiva, inventare nulla. Li rivediamo così, sulla stessa lunghezza d’onda, con fantasia pari a zero, ma con la capacità di farsi ascoltare ancora. O forse no.
Non è facile saper imitare qualcun altro. Non è immediato né tanto meno sempre gratificante, ma gli Sherwood riescono nell’impresa di creare un pur sempre piacevole miscuglio di sonorità provenienti da varie aree di influenza. Motivo per cui A Different Light potrà rappresentare il disco ideale, da ascoltare senza troppe pretese, stesi in spiaggia la prossima estate, mentre le bellezze di madre natura vi sfileranno di fronte agli occhi.
Ironia a parte, questo disco parte con l’accattivante Song In My Head, canzone dall’incipit tutto pianoforte e voce, che si snoda tra parti di chitarra sostanzialmente orecchiabili, ma con una discreta personalità. The Best in Me, al contrario, è traccia con connotazioni spiccatamente Pop. A noi non piace, per niente, ma è sottinteso che è questo il pezzo ideale da far uscire come singolo di lancio.
Pian piano A Different Light entra nel vivo. Ci sono anche le canzoni che gli Sherwood hanno pubblicato nel corso del 2006 nel loro Summer EP, in anticipo rispetto alla pubblicazione del full-lenght. C’è Middle of the Night, anch’essa con un’anima Pop ed una sezione ritmica che in certi momenti devia verso dimensioni da pezzo “riempi pista”. Ma ci sono anche The Only Song, tra gli esperimenti più riusciti, e quindi The Simple Life e la title-track A Different Light. Due parole su quest’ultima vanno spese, senza dubbio. E’ il pezzo che ci rimanda con decisione allo scenario da obrelloni e costumi da bagno che abbiamo ipotizzato all’inizio. Non male, davvero, soprattutto per il livello che la voce di Nate Henry raggiunge nella seconda parte, tra un assolo di chitarra semplice semplice ed arpeggi di buon impatto.
Gli Sherwood sono usciti al momento giusto, insomma. In un 2007 che nel primo trimestre ha visto poche novità in ambito Indie Pop/Rock. Di quelle, precisiamo, che più si addicono a sonorità dell’estate che lentamente si avvicina.
Tra le altre canzoni, inedite in A Different Light, menzione particolare spetta ad Home, una sorta di ballata, il momento di maggior distensione emozionale degli Sherwood, che in questo disco hanno saputo inserire con bravura anche frammenti di Emo Rock di discreta fattura. In ultima analisi, anche la successiva Alley Cat, con innesti elettronici che costituiscono gran parte dell’impianto generale, crea l’atmosfera serena e scanzonata di una festicciola a casa di amici. Di quelle da telefilm d’oltre oceano, per intenderci.
Si arriva quindi alla battute conclusive. Che dire, ancora; gli Sherwood si fanno notare, non vogliamo sostenere il contrario. Il loro A Different Light non è però scorrevole come il predecessore, pur riuscendo a dire la sua in qualche momento del suo decorso. Se siete alla ricerca di un disco valido per qualche viaggio in macchina o di un full-lenght che vi tenga compagnia in qualche serata estiva attorno ad un tavolo con qualche birra e le persone giuste, allora questo A Different Light è ciò che fa per voi.
Se, invece, cercate l’innovazione musicale e non potete sopportare i riferimenti troppo espliciti (per non dire palesi) a mostri sacri della musica del recente passato e del presente (i The Get Up Kids di Something to Write About, ad esempio), è preferibile dirottare le vostre pretese verso altri nomi dell’attuale panorama musicale.
Questo disco durerà lo spazio di un’estate. Giusto il tempo di entrare nell’immaginario collettivo, di martellarvi la testa con i motivetti messi lì a bella posta, poi toglierà il disturbo. Questa band californiana si accontenta di questo, probabilmente. Ma, si sa, chi s’accontenta gode.