Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Steven Wilson - voce, chitarra, pianoforte
- Richard Barbieri - tastiera, synth
- Colin Edwin - basso
- Gavin Harrison - batteria, percussioni

Tracklist: 

1. Fear of a Blank Planet (07:28)
2. My Ashes (05:07)
3. Anesthetize (17:42)
4. Sentimental (05:26)
5. Way Out of Here (07:37)
6. Sleep Together (07:28)

Porcupine Tree

Fear of a Blank Planet

Steven Wilson, mente dei Porcupine Tree, ha da sempre stupito il pubblico internazionale con la genialità delle sue composizioni, che tra il 2004 e il 2007 si sono affermate anche con il progetto Blackfield di Aviv Geffen. Nel 2005 Deadwing aveva rappresentato una buona pubblicazione, certamente inferiore rispetto all’immortale In Absentia, ma allo stesso modo carica di elementi sperimentali in pieno stile Porcupine Tree: all’ottavo album di studio sono poi seguiti un memorabile tour a più riprese, la pubblicazione del DVD Arriving Somewhere… per la Snapper Music e l’inaspettato quanto inevitabile contratto con la celebre Roadrunner Records. In questo contesto di successo si colloca Fear Of A Blank Planet, album già introdotto nella scaletta del tour con i Paatos che ha toccato anche l’Italia nel settembre 2006.

Di sicuro il tratto più caratteristico del platter del 2007 è l’alternanza tra un registro oscuro e ghiacciato, già percepibile dallo sguardo gelido del bambino ritratto sulla copertina, ed uno più disteso, abbastanza ancorato alla tradizione acustica del quartetto britannico. Tra i due toni del disco, quello tenebroso costituisce il lato più innovativo dei Porcupine Tree perché l’elettronica di Barbieri rappresenta un ottimo tessuto cupo su cui può emergere la voce sommessa di Wilson. Andando comunque con ordine, Fear Of a Blank Planet si apre con la traccia omonima, una ripresa variata di Deadwing, che conserva il mood distintivo del full-lenght precedente: le tastiere assumono un ruolo più centrale, mentre la batteria di Gavin Harrison procede precisa, composta e posata in ogni passaggio. Gli intermezzi elettronici sono comunque il punto di forza dei Porcupine Tree, perché essi riescono a fondersi con estrema abilità all’approccio diretto delle chitarre di Wilson, dal feeling alternativo. My Ashes è invece l’episodio più legato al tratto caratteristico dei Porcupine Tree acustici, sebbene affiori un’atmosfera malinconica tipica dei Blackfield di Wilson e Geffen; il brano è particolarmente delizioso nei suoi quattro minuti e mezzo di durata, perché l’eleganza che traspare culla l’ascoltatore nei meandri del sound Porcupine Tree.

Il vero capolavoro di Fear Of A Blank Planet è tuttavia il terzo capitolo, il colossale Anesthetize, connubio tra diversi generi musicali, dal Dark al Progressive Rock, dall’Alternative alle sferzate Metal più contemporanee ed impetuose. L’alone buio che si erge è qualcosa di indescrivibile e meraviglioso, che prende forma attraverso la complessa evoluzione della traccia: la batteria di Harrison diventa elaborata ed estrema in alcune sezioni, per attenuarsi e spegnersi come accompagnamento nelle distensioni atmosferiche, mentre la chitarra distorta di Wilson traccia delle architetture di stampo tooliano, che stregheranno gli appassionati delle rivisitazioni Alternative dei Porcupine Tree. Raffinata e delicata è Sentimental, che ripercorre la dimensione di In Absentia sia nell’incedere combinato di pianoforte e chitarra acustica, sia nell’impatto vocale di Wilson, soave ma non privo di effetti aggiuntivi. Un altro momento centrale di Fear Of A Blank Planet è la quinta stupenda canzone, Way Out Of Here, in cui Wilson dà il meglio di sé, conferendo un timbro espressivo ad un intreccio strumentale già originale e ricercato. Sleep Together chiude il lavoro in modo dignitoso, ma senza far inneggiare al pezzo capolavoro: più acido e caotico nel suo sviluppo, esso infatti è leggermente banale nella sua struttura, sebbene si lasci permeare dall’aria tetra che dilaga nel disco intero.

In definitiva, Fear Of A Blank Planet è sicuramente un passo in avanti rispetto a Deadwing, nonché un capitolo discografico diverso da tutto ciò che i Porcupine Tree hanno realizzato in passato. Sembra che l’evoluzione stilistica di Wilson non si sia arrestata dopo la pubblicazione di opere eccezionali sia con i Porcupine Tree che con i Blackfield: i nuovi meandri del quartetto inglese sono la testimonianza dell’estrema versatilità di un musicista che si è dedicato completamente alla sua arte, ricevendo in cambio un successo meritato, espresso dal contratto con la prestigiosa Roadrunner Records e dal consenso positivo del mercato mondiale.

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