- Gregg Analla - voce
- Wayne Findlay - chitarra, tastiere
- Mark Zonder - batteria
1. Origin
2. Shatter
3. Swept Away
4. Altar
5. Another Placet
6. Deeper
7. Dove
8. Slavior
9. Give It Up
10. Red Road
Slavior
Gli Slavior sono la nuova creatura del veterano batterista Mark Zonder, famoso per la sua lunga militanza in band cardini del movimento metal come Fates Warning e Warlord, accompagnato dal polistrumentista Wayne Findlay, già con Michael Schencker Group e Vinnie Moore, e dal cantante Gregg Analla, i quali esordiscono con quest'album self-titled che molto si allontana dalle sonorità proposte in passato da Zonder con le sue precedenti band. Infatti c'è veramente ben poco del progressive metal che rese celebri i Fates Warning, piuttosto si può riscontrare una massiccia presenza di sonorità più moderne, dal post grunge al nu-metal, di gruppi quali Hoobastank o Sevendust, ripercorrendo però i generi più diversi e disparati, quali hip-hop, prog metal, reggae, ed un pizzico di heavy alla Black Label Society. Il tutto sfocia in un crossover a tratti interessante ed innovativo, a tratti scontato e risentito, con una buona serie di clichès propri del più moderno rock che danno all'ascoltatore una sensazione di risaputo e superato. Pare che l'attenzione maggiore risulti spostata verso il groove, particolarmente pesante, e la sezione ritmica, mentre vengono completamente abbandonate le strutture più articolate o le fughe strumentali proprie dei precedenti lavori firmati da Zonder.
L'apertura è sufficientemente potente con Origin, un mix di heavy alla Black Label Society e moderne sonorità, in alcuni casi non manca neanche la genialità dei migliori Faith No More, come avviene con la particolare e bella Dove, in cui strofe reggae alla UB40 sfociano poi in un bel ritornello melodico, risultando così uno fra i migliori brani del lotto, ma alla lunga il lavoro risulta un po' ripetitivo e particolarmente orientato verso sonorità numetal, come si può ben sentire in diverse tracce del platter, ad esempio nelle scontate Swept Away o Give It Up, o anche nella title-track, che in compenso però presenta spunti più interessanti, risultando così un pezzo discreto.
Buoni risultano anche quegli episodi più orientati verso un cupo post grunge, un po' alla Godsmack per intenderci, come la più lenta Altar, davvero un bel pezzo che mantiene comunque quel sound moderno che caratterizza l'intero lavoro, o Another Placet, altro buon pezzo in cui Analla nella sua interpretazione si avvicina a Chris Cornell, ed anche Shatter sembra elevarsi qualitativamente rispetto alla mediocrità delle varie Deeper o Red Road.
In conclusione, Slavior è un lavoro che si cimenta nel tentativo di proporre qualcosa di nuovo ricorrendo ad un mix di stili ed elementi differenti, talvolta con risultati lodevoli e qualche lampo di genio, ma nella maggior parte dei casi, purtroppo, con esiti mediocri che non si allontanano affatto da quando già sentito e risentito in questi ultimi anni, nonostante sarebbe ingeneroso parlare di copie o imitazioni, ed anzi penso sia evidente la volontà del trio di dar vita a qualcosa di innovativo e diverso.