(virtuale):
2D (aka Stu-Pot) - Voce e tastiere
Noodle - Chitarra e voce
Russel Hobbs - Batteria
Murdoc Niccals - Basso
1. Re-Hash
2. 5/4
3. Tomorrow Comes Today
4. New Genious (Brother)
5. Clint Eastwood (Sunshine in a Bag)
6. Man Research (Clapper)
7. Punk
8. Sound Check (Gravity)
9. Double Bass
10. Rock the House
11. 19/2000
12. Latin Simone (Que pasa contigo)
13. Starshine
14. Slow Country
15. M1A1
16. Clint Eastwood (Ed Case and Sweetie Irie refix) [ghost track]
Gorillaz
Non si può non associare istantaneamente il vocalist Damon Albarn e i suoi (ex?) Blur, con i quali ha contribuito a far crescere, prosperare e decadere il britpop - e a dimostrare di come ci si possa slegare dal passato pop rock per andare incontro a tendenze più alternative e indie negli ultimi album della formazione inglese mentre altri nomi blasonati continuavano a girare stancamente intorno alla formula che gli diede successo.
Ma il fatto che fra i membri del gruppo la collaborazione reciproca andasse scemando e che gli ultimi dischi targati Blur non riscossero appieno il consenso di critica e pubblico fece capire che la parabola discendente dei pop-rockers inglesi li aveva ormai condotti al capolinea. Difatti, il chitarrista Graham Coxon alla fine venne cacciato dal manager dei Blur, adducendo come scusa la volontà di volersi dedicare alla carriera solista, mentre il leader Albarn si ritrovò alle redini di un gruppo il cui futuro appariva tanto incerto e con la voglia di dimostrare il suo feeling.
Ciò insomma non significò che Damon fosse al tramonto della sua carriera musicale, anzi, quel che accadde all'epoca diede l'opportunità al buon Albarn di sfogare a briglie sciolte la sua nuova ventata d'ispirazione e l'interesse per sonorità diverse. Già nel 1999 il buon Damon aveva ideato il proprio progetto personale assieme a Jamie Hewlett (co-creatore del fumetto Tank Girl), i Gorillaz (che sarebbero poi stati seguiti da molti altri gruppi) e al principio del nuovo secolo il campo era libero per concentrarsi sulla pubblicazione dell'omonimo esordio, avvenuta nel 2001.
La singolarità del gruppo si percepisce fin da subito: il loro modo di presentarsi al mondo, tramite le immagini promozionali e le cover dei singoli, è quello di una raffigurazione cartoonesca. Una scelta che avrà anche il suo effetto particolare nei loro video (in particolare quello noto e riuscito di Clint Eastwood) e nella promozione della band. Di più, i Gorillaz sono una cosiddetta "virtual band", un gruppo interamente virtuale, cioè, i membri sono personaggi di fantasia, così come le loro storie personali e quella che condusse alla nascita (immaginaria) del gruppo. Abbiamo così il cantante/tastierista dall'occhio paralizzato 2D, il bassista satanista Murdoc, il batterista nero Russel e la chitarrista-bambina giapponese Noodle, più alcune guest particolari come il fantasma rapper Del (che ha posseduto Russel dopo che lo sfortunato batterista è rimasto l'unico sopravvissuto della loro banda ad una sparatoria). Figure con ciascuna il proprio carisma, ma, per ovvi motivi di spazio e scorrevolezza, lasciamo i loro dettagli e le loro storie alla rete, e chi è interessato può trovare un dettagliato riassunto su Wikipedia inglese, oppure può spulciare in giro per i dettagliati fan-site in circolazione. Per quanto riguarda i veri membri, c'è un sacco di confusione: Albarn ed Hewlett hanno accuratamente evitato di mettere in mostra troppe informazioni riguardo la formazione originale e ciascun collaboratore, lasciando che l'attenzione del pubblico si concentrasse sui membri virtuali. Le uniche cose sicure sono gli stessi Damon nel ruolo fisso di 2D, il cantante, ed Hewlett dietro le quinte. Si è quindi speculato molto sull'identità degli altri membri, tirando in ballo decine di nomi diversi. Molti fan ad esempio sembrano essere certi che Noodle rappresenti Miho Hatori dei Cibo Matto (che le ha dato la voce agli inizi), ma per nessuno si ha alcuna reale certezza, se non l'identità di dozzine e dozzine di musicisti presenti nei crediti dei live, che però cambiano del tutto ogni volta, e spesso possono interpretare lo stesso membro contemporaneamente a seconda del ruolo nella strumentazione.
In realtà i Gorillaz come singole persone non esistono: sono bensì tutti coloro che collaborano insieme al progetto, dei quali solo Damon permane come costante. Ritornando quindi al discorso precedente su Noodle, per esempio, per lo stesso ruolo si cita anche Tina Weymouth dei Talking Heads in quanto anch'essa ha provveduto a delle vocals (in 19/2000), ma anche l'attrice Haruka Kuroda che si occupa della sua voce parlata, Rosie Wilson che sarebbe in seguito stata alla voce in DARE nel secondo album, oppure Simon Katz e Simon Tong per la loro partecipazione alla chitarra... e a questo punto, anche lo stesso Albarn può essere inteso come Noodle, in quanto in alcuni punti si occupa dello strumento. Una situazione quindi assai bizzarra, per questo motivo in fondo alla recensione troverete la line-up fictionale, oltre che per accettare e supportare l'idea avuta dai nostri inglesi.
Ma passiamo ora al disco. La musica, come ci si aspetterebbe, non è affatto banale, proponendo una soluzione versatile e ricca di influenze: la base è un hip hop misto ad un pizzico di dub (avvicinandosi per ciò al trip hop), in cui vengono innestate tendenze indiee pop/rock. Gli altri spunti introdotti spaziano fra diversi generi a seconda della canzone, come l'implemento di fisarmoniche, sassofoni, sprazzi d'elettronica, ma anche un pizzico di funky in alcuni punti e un'eredità britpop derivata dai Blur (che al contempo in parte anticiparono a fine carriera alcuni elementi dei Gorillaz in 13), per una miscela che si lascia ascoltare alla grande; i Gorillaz però più che sperimentare innovando da zero si dimostrano abili riarrangiatori e reinterpretatori, con una gran voglia di citare i generi più disparati e mescolare le numerose influenze per creare così qualcosa di originale e molto personale. Alcune canzoni raggiungono un forte minimalismo musicale, costruite anche su soli tre accordi, e al contempo le atmosfere sono spesso e volentieri cupe e richiamanti il disagio adolescenziale dell'underground inglese e americano (aspetto che sarà sviluppato maggiormente sul successivo Demon Days). Ciò nonostante il gruppo non rinuncia ad una vena di forte ironia. Ed è con questi ingredienti che i Gorillaz danno alla luce il loro esordio omonimo.
Iniziamo quindi con i ritmi fra funky e trip hop di Rehash, introduzione un po' spensierata alla musica dell'album che si lascia ascoltare in pieno, fondata sul suo beat ricco e coinvolgente e sul riff semplice ma carismatico; ma la canzone non ha detto ancora niente di quel che il disco riserba, e proseguendo nell'ascolto si scoprono diverse cose interessanti.
Vale lo stesso discorso per 5/4, canzone più vicina ad un pop/rock effettato dove la voce nasale di Albarn prende le redini, mentre il giro di chitarra ripetuto di sottofondo e l'effettistica di contorno creano la base su cui il cantante può adagiare le sue linee vocali.
Ed è invece con Tomorrow Comes Today che entriamo direttamente nel vivo dell'album: il battito hip hop scorre fluido e ritmato, combinandosi con la fisarmonica triste appena accennata e ad un Damon sentito e nostalgico, ricreando così delle atmosfere malinconiche particolarmente efficaci.
Queste ultime proseguono importate direttamente su New Genious, probabilmente ancora più cupa, e siamo ormai in pieno nel mood principale che i Gorillaz tentano di ricreare. In ciò l'amalgama di sonorità è ben congegnato e i pezzi finora incontrati sono riuscitissimi.
Viene ora il famoso singolo Clint Eastwood, dove, pur mantenendo una linea direttrice di fondo, lo stile varia nell'arrangiamento rispetto alle altre canzoni, lasciando la batteria più come sottofondo e semplificando ma al contempo rendendo più dirette le linee di basso, mentre intanto compare anche il rap (è Del, il fantasma del video) e la tastiera si fa una scarna e diretta ripetizione di poche note acide ed efficaci. La fisarmonica accresce ancora di più il carisma della canzone, tutt'altro che sopravvalutata come ci si potrebbe aspettare, in genere, dai singoli più noti di un gruppo.
Con Man Research andiamo invece su di un ballabile mix di dub e club/dance, sostenuto da un ritmo semplice e ripetuto; ma è invece la successiva Punk, con le sue ritmiche intense e il divertente riff, ad attirare maggiormente l'attenzione, anche se in realtà, per via della forse eccessiva brevità, lascia disperdere parte dell'energia che sprigiona finendo per passare quasi anonima in relazione agli altri brani.
Dopo poco più di un minuto e mezzo quindi è già finita, lasciandoci subito in balia delle atmosfere noir di Sound Check, tetra manifestazione di angoscia e tristezza che raggiunge forse il punto di contatto maggiore con il trip hop nelle sue sonorità (strings oscure, downtempo, bassi dub, pianoforte minimale, scratching ed effetti vari). Nonostante le sensazioni oscure che permeano la canzone, il titolo lascia suggerire un pizzico di umorismo, infatti il sound check è la prova degli strumenti prima di un'esibizione o di una registrazione, un po' come dire che per un artista è lecito rilasciare qualsiasi cosa per il semplice fatto di esserlo, anche una "prova-suono", in questo caso squisitamente composta e arrangiata.
La strumentale Double Bass prosegue su alcuni degli elementi di Sound Check, ma è decisamente meno cupa, e purtroppo anche meno evocativa ed un po' più ripetitiva, rimane però un buon pezzo anche se più una parentesi transitoria.
Con il secondo singolo, Rock the House, più "spensierata" relativamente parlando, con bassi dub e atmosfere che ricordano gli One Dove e con nuovamente Del alla voce, questa volta però da solo e non alternandosi ad Albarn. Riproponiamo anche il discorso di Clint Eastwood, cioè il fatto che il pregiudizio del singolo famoso ma inferiore in qualità alla fama qui non funziona del tutto, perché il pezzo rimane molto apprezzabile. Va però notato come in genere i singoli selezionati dal disco, oltre a vedere la comparsa di Del alla voce, varino leggermente come stile rispetto alle altre canzoni, in questo caso con l'aggiunta di una tromba ed un colorito flauto; sono stati scelti come singoli per le loro caratteristiche particolari, o composti apposta per essere rilasciati come singoli? Chi lo sa, ma intanto il terzo singolo, 19/2000, conferma nuovamente la curiosità qui sopra notata, eccetto che per la voce: non Del questa volta, ma Noodle si aggiunge a Damon. Un pop elettronico gradevole, dove effetti anche leggermente bizzarri e brevi cori femminili di sottofondo si fondono perfettamente con le ritmiche hip hop-oriented. Ma va citato anche il Soulchild remix, oltre che per la sua notorietà, perché, pur essendo un pop più "convenzionale", è forse anche migliore.
Uno dei pezzi più curiosi di tutto il lotto è Latin Simone, un'interessante unione di base ritmica hip hop a sonorità latine e atmosfere notturne (vagamente ricordanti gli Apollo 440 di Electro-glide in Blue e i Depeche Mode di Useless) dell'album, con tanto di canto in spagnolo sopra il pianoforte ed un sassofono perfettamente intonato all'atmosfera, volutamente simil-melanconico, della canzone. Di contrasto, la tenue, semi-psichedelica Starshine ripercorre il lato più elettronico del gruppo, focalizzandosi solo su di un riff di poche note con effettistica minimalista di contorno, poca ma ben utilizzata, ricordando, con le dovute proporzioni, i Radiohead di metà carriera.
Prosegue su questa strada Slow Country, ma spostandosi su di una vena più pop e aperta, mentre al contempo un effetto quasi allucinogeno di sottofondo assume un ruolo di riempimento atmosferico.
Dopo queste escursioni, chiudiamo l'album con M1 A1, che ritorna ad un vivace pop/rock senza aggiungere molto di più rispetto a quanto già incontrato, ma svolgendo solo il compito di offrire una canzone dinamica, divertente e riuscita. In alcune edizioni vi è anche una ghost track, un'altra versione di Clint Eastwood.
In totale, c'è poco su cui puntare il dito con severità, se non che, dopo un po', alla lunga il full-lenght nel suo complesso può stancare leggermente, ma i momenti ispirati non mancano assolutamente e per ogni breve stanca c'è subito una netta ripresa. Il risultato è un'ottima uscita fra alternative hip hop e alternative rock, ampiamente godibile.
Anche se non è esattamente musica "sperimentale", l'approccio è solido e il songwriting molto maturo. A ciò si aggiunge un riscontro commerciale positivo per l'album, infatti l'uscita di Gorillaz fu un grande fenomeno mediatico, vendendo sei milioni di copie nella madrepatria (entrando così nel guinnes dei primati come band virtuale di maggior successo) e raggiungendo la terza posizione nelle chart inglesi e la quattordicesima in America; ciò favorì l'anno successivo la pubblicazione del quarto singolo, Tomorrow Comes Today (in precedenza rilasciato già come EP nel 2000) e di un DVD intitolato Phase One: Celebrity Take Down nel 2002. Intanto, i membri del gruppo sparirono, lasciando abbandonato anche il sito, e si vociferava di un film in produzione (ma se ne sarebbe riparlato solo nel 2007), mentre intanto si preparavano per il secondo album, Demon Days. Nel mentre, i Blur avrebbero visto un nuovo capitolo, l'ultimo, nel 2003, con Think Thank, ma Albarn ormai si stava concentrando sui suoi numerosi progetti, primi fra tutti i Gorillaz, lasciando i Blur in una sorta di limbo musicale e rinviando costantemente l'atteso nuovo disco.