- Mat Sinner - voce, basso
- Armin Sabol - chitarra, voce
- Martin Schmidt - batteria
1. Heritage Of Shiva (Intro)
2. Walking On Thorns
3. Mind Of A Killer
4. This Ain't Love
5. Gone With The Dough
6. Barefoot And Naked
7. Down On Luck
8. Heat Of The Night
9. Ali Baba
10. Same Old City
11. Hold On
12. Red
13. Heritage Of Shiva (Outro)
Goddess Shiva
A brevissima distanza dall'uscita di Mask Of Sanity con la band che porta il suo nome, Mat Sinner si ripresenta con questo suo nuovo progetto chiamato Goddess Shiva, un trio composto oltre che dal singer e bassista tedesco, dal chitarrista e cantante Armin Sabol, vecchio amico di Sinner con cui aveva fondato gli Shiva e con un breve passato nei Rage, e dal batterista Martin Schmidt, ex batterista degli Atrocity. Ovvio che il tentativo di Sinner e Sabol sia proprio quello di riprendere il discorso interrotto sul finire dei '70, infatti pure il monicker sta lì ad indicare chiaramente la volontà dei due di rituffarsi nel progetto Shiva, tant'è che anche il loro sound è fortemente ancorato all'hard settantiano, tra contaminazioni blues, reminiscenze southern ed una forte propensione verso la musica dei Thin Lizzy.
Dopo l'arcaica e mistica intro d'apertura, Walking On Thorns inizia l'album all'insegna dell'hard settantiano dei Thin Lizzy, ma non è certamente un brano che lascia il segno, e neanche la più dura Mind Of A Killer, nonostante riff secchi ed asciutti alla Zakk Wylde ed un buon solo, sembra poter gratificare più di tanto l'ascoltatore, che indubbiamente da un progetto così lungo ed atteso (dai protagonisti) si sarebbe atteso molto di più, ma fortunatamente This Ain't Love sembra invertire la rotta, grazie ad una linea melodica più avvincente ed un chorus melodico e ben assestato. Si passa poi a sonorità decisamente più blues con la brevissima Gone With The Dough che prepara l'ingresso al blues di Barefoot And Naked, un altro dei brani più interessanti del lotto, con chitarre dal sapore hendrix-iano e atmosfere calde e secche in pieno stile southern, ma tuttosommato è veramente poca roba per salvare questa prima parte d'album dal suo grigiore e dalla sua mediocrità.
Dopo la fiacca Down On Luck, quando la noia sembra assalire ormai l'ascoltatore, Heat Of The Night ha quantomeno il merito di saper destare l'attenzione grazie ad una linea melodica accattivante ed un'interpretazione aggressiva che ne fanno un pezzo grintoso e parecchio piacevole, ma l'illusione dura pochi istanti, infatti la strumentale ed arabeggiante Ali Baba è quasi inascoltabile, Hold On è del tutto priva di idee, come dimostra il suo chorus scontato che sembra uguale a tanti altri, e purtroppo sembra che a Mat stavolta non riesca proprio niente, dal mid-tempo Same Old City all'up-tempo Red, dove spesso le composizioni si perdono in continue e tediose immissioni chitarristiche, e quando arriva l'outro finale sembra quasi una liberazione.
L'omonimo debutto dei Goddess Shiva non riesce proprio a portarsi a casa nemmeno una stentata sufficienza, non possono bastare infatti tre o quattro brani per salvare questa release da una certa mediocrità, ciò che più manca sembra proprio essere l'accortezza nel trovare soluzioni melodiche degne di nota, mai una melodia o un refrain capace di catturare ed invogliare l'ascoltatore, un lavoro che purtroppo dà sempre la sensazione di essere scarico e spossato, e la carenza di grinta e mordente in un lavoro del genere non è roba da poco.