- Jocke Berg - voce
- Thomas "Silver" Silver - chitarra
- Martin Sandvik - basso
- Magnus Andreasson - batteria
1. That's My Life
2. Not Dancing, Wanna Know Why?
3. Shame
4. Just Another Score
5. Summer Season's Gone
6. Wimpy Sister
7. Do Me That Favor
8. Significant Other
9. Dear Old Fame
10. Smoke'Em
11. Riding With The King
12. They Are Not Even A New Bang Tango
13. Mother's Love
Thank You (For Letting Us Be Ourselves)
Ad un anno di distanza dall'esplosivo esordiente Bad Sneaker And A Pina Colada, gli Hardcore Superstar tornano a scaldare i motori con Thank You (for letting us be ourselves). Titolo ruffiano, ma che esplica onestamente la mentalità di una band schietta che si cimenta in un glam-rock vivace e spensierato, facile da assimilare e ballabile, immediato e fresco nonostante i suoi richiami ai classici. Jocke e compagni sono in uno stato di forma eccellente, visto il lungo tour a cui presero parte, riusciendo a scrivere materiale e a registrarlo in ogni minimo momento libero si presentava loro.
Veniamo al disco: se il debut album era stato sconvolgente, non altrettanto si può dire di questo seguito. Infatti l'album si presenta come l'assemblamento di due lavori incastonati tra loro; uno rievocativo ed esuberante come lo era l'esordio, l'altro insipido e tirato, privo di verve e incapace di sprigionare la carica a cui gli Svedesi ci avevano abituato. Il primo treno di canzoni fa parte del disco elettrizzante, That's My Life è un singolo su di giri, ottimo rock, efficace e contagioso, a cui segue Not Dancing, Wanna Know Why?, brano proposto per presentare la release. La seconda traccia è frizzante, ottimi innesti di batteria e discreto assolo di chitarra. Il terzetto iniziale si conclude con Shame, brano estremamente catchy e in grado di riassumere il pensiero dei quattro musicisti di Gothenburg. Ora, dopo dieci minuti di musica, l'idea che le seguenti dieci tracce siano per lo meno sulla falsa riga delle opener farebbe gridare al miracolo, un album spettacolare in grado di spazzare via in un solo colpo tre quarti abbondanti delle band degli anni d'oro del glam. Invece purtroppo gli Svedesi hanno concentrato in apertura i loro pezzi migliori, da qui in poi sarà un alternanza di brani discreti e mediocri. Discreti come la quinta Summer Season's Gone, brano pacato ma dalla resa finale decisamente piacevole, o Significant Other, leggermente più su di ritmo della precedente e da alcune soluzioni street-punk minuziosamente inserite nei ritornelli. Mediocri come Riding With The King e Mother's Love, pezzi insipidi ed incorporei, privi non solo di slancio ma anche di emotività, soluzione che invece era proposito dei nostri. Terribile come Smoke 'Em, brano sulla falsa riga reggae anche come testi, dalla pessima resa, e completamente estraneo all'intera contestualizzazione della release.
Un peccato vedere come gli Hardcore Superstar non siano stati in grado di fare un album come il precedente. Avevano seriamente tutte le carte in regola per diventare una cult-band a livello Bon Jovi, Guns o Aerosmith, invece ci rimandano all'attesa di una completa maturazione artistica, in grado di garantire al combo non solo sporadiche perle di inattaccabile valore, ma una costanza compositiva prolungabile nell'arco dell'intero disco. Tuttavia ricordiamo come metà album sia più che salvabile, considerando inoltre impeccabile il primo terzetto di canzoni che sono davvero superlative.