Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Roberto Boasso
Etichetta: 
Emi Records
Anno: 
1975
Line-Up: 

- Roger Waters - Voce, Basso
- David Gilmour - Voce, Chitarra, Basso
- Richard Wright - Tastiere
- Nick Mason - Batteria

Guests:
- Roy Harper - Voce
- Dick Parry - Sax


Tracklist: 

1. Shine On You Crazy Diamond (Pt. 1-5)
2. Welcome To The Machine
3. Have A Cigar
4. Wish You Were Here
5. Shine On You Crazy Diamond (Pt. 6-9)

Pink Floyd

Wish You Were Here

Dopo due anni dal capolavoro The Dark Side Of The Moon, i Pink Floyd si apprestano a dare il seguito all’album che li ha resi celebri, facendoli emergere definitivamente dall’underground per farli diventare uno dei gruppi più famosi non solo dell’epoca, ma della storia del Rock in generale. Incredibile infatti il successo del precedente disco, che rimane fino ad oggi come uno degli album più venduti di tutti i tempi. Tale successo portò ovviamente a grandi pressioni sul gruppo da parte dei discografici e dei fan, pressioni che poi diventarono uno dei temi affrontati nei testi delle canzoni di Wish You Were Here. L’altro argomento principale delle liriche è invece l’assenza; assenza di persone, di oggetti, o anche assenza del gruppo stesso, lontano dalla scena musicale da troppo tempo per le esigenze dei produttori.

Musicalmente Wish You Were Here rimane abbastanza vicino ai toni di The Dark Side of the Moon, e si può considerare come l’ultimo prodotto dei Pink Floyd come gruppo vero e proprio, visto che i tre lavori seguenti saranno composti quasi esclusivamente da Waters. Il clima che accompagnò le registrazioni però era già teso, e come dichiararono tempo dopo i membri del gruppo, mai come in quel momento si era stati vicini allo scioglimento. La prestazione offerta dai quattro Floyd comunque non sembra risentire di questi problemi, visto il livello dei quattro (o cinque, se si considera che Shine On You Crazy Diamond è tagliata in due pezzi) brani che compongono l’album.

Il primo è proprio Shine On You Crazy Diamond, lunghissima suite divisa in nove parti; dalla prima alla quinta in apertura del disco, mentre le rimanenti quattro fanno da chiusura. In un certo senso si può affermare un ritorno ai tempi di Echoes, ma mantenendo grandi distanze da essa, soprattutto nell’uso degli effetti psichedelici, qui praticamente scomparsi. Gli oltre 13 minuti delle prime cinque parti del brano (ma anche di quelle finali) sono quasi interamente strumentali, con quella che si può definire come una delle migliori prove mai offerte alla chitarra da Gilmour, accompagnato da morbidi tappeti di tastiera e lunghi assoli di sax. Anche la parte vocale, seppur breve, è eccezionale, e la suite si affermerà come una delle canzoni più famose, oltre che più belle, del gruppo londinese.
Liricalmente il brano è riferito all’ex leader del gruppo, Syd Barrett, per il quale il gruppo (e in particolare Waters) provava un grande senso di rimorso per averlo allontanato così duramente, sapendo che senza il suo apporto i Pink Floyd non avrebbero mai raggiunto così tanto successo. Si dice addirittura (ma probabilmente si tratta di una “leggenda”) che durante la registrazione della suite arrivò agli studi di Abbey Road proprio Barrett, ormai consumato dalle droghe di cui faceva largo uso.

A Shine On You Crazy Diamond segue Welcome To The Machine, brano caratterizzato da un forte uso dell’elettronica, in grado di creare atmosfere molto cupe. Si tratta di un’altra gemma nel repertorio della band, che diventerà poi una delle canzoni più apprezzate dai fan. Lo scenario rappresentato è quello della macchina intesa come industria discografica, che utilizza come carburante i gruppi; il testo descrive infatti un dialogo di un discografico, visto come una sorta di dittatore, che decide il futuro della musica di un gruppo solo secondo i desideri del pubblico, e all’esigenza quindi di far soldi vendendo il più possibile. In chiusura anche una critica al giornalismo musicale, colpevole secondo i Floyd di decretare la fine o il successo di una band.

La successiva Have A Cigar segue lo stesso tema lirico, ma musicalmente è molto distante da Welcome To The Machine. Vede infatti accentuate le influenze blues. Maggior spessore alla canzone viene dato dalla partecipazione di Roy Harper, che offre una grande prova dietro al microfono. Il testo è ancora più aspro rispetto al brano precedente riguardo all’industria musicale; anche qui viene descritto un discografico che, munito di sigaro, inizia a promettere soldi e fama, e praticamente costringendo il gruppo a fare un album e un tour. I testi di questi due brani derivano dalle pressioni avute dai produttori per dare un seguito a The Dark Side Of The Moon, pressioni che infastidirono molto i Floyd, e soprattutto Waters, che poi riprenderà il tema anche negli album successivi, specialmente in The Wall, dove le critiche al mondo della discografia verranno portate all’estremo.

Si ritorna alla malinconia con la title track, uno dei brani più conosciuti in assoluto del gruppo. Si tratta di una ballata molto triste, aperta da un famosissimo arpeggio di Gilmour, e seguita da uno splendida prestazione vocale proprio del chitarrista. Per quanto riguarda il testo sono state date diverse interpretazioni, ma la più “accreditata” è quella di una sorta di lotta tra le due “personalità” di Waters, quella della rockstar accecata dal denaro, che pur di fare carriera caccerebbe anche un amico, e quella invece della persona sensibile, ancora attaccata a certi valori. Anche questo tema verrà poi approfondito in futuro, fino a diventare uno degli argomenti principali del concept di The Wall.
Si passa alle parti conclusive di Shine On You Crazy Diamond, che riprendono le melodie di quelle iniziali, ma con diverse variazioni, come lo splendido pezzo di tastiera che conclude il brano. La parte vocale ottiene ancora meno importanza di quanto fatto nei primi cinque capitoli della suite. Il testo è il perfetto continuo della parte iniziale, omaggiando ancora una volta il compianto Barrett.

E con le soffuse melodie della tastiera di Wright si chiude questo ennesimo capolavoro del gruppo britannico, riuscito perfettamente nel difficilissimo compito di comporre un album all’altezza del precedente, e che rimane sicuramente uno dei migliori capitoli della carriera dei Pink Floyd. E nonostante le vendite siano state molto inferiori a The Dark Side of the Moon, anche Wish You Were Here riuscì, contro ogni previsione dei componenti del gruppo, ad avere un notevole successo commerciale.

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