Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Lunatic Asylum/Andromeda
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Morgan Lacroix - voce
- Terry Horn - chitarra, voce
- Lena - basso
- Jack Lowell Halleyn - tastiera
- Mat Stancioiu - batteria


Tracklist: 

1. Vlad
2. Dark Lantern
3. Redeemer
4. Frail Midnight
5. Blight Thrills
6. Frozen Space
7. Haunted Heart
8. Silences
9. Omen Reveries
10. Ghost of Swan
11. Lifeless Haze
12. Nightfall

Mandragora Scream

Madhouse

I Mandragora Scream sono una delle realtà musicali gothic nostrane dalle migliori potenzialità, perciò accogliamo con grande interesse questa terza uscita del quintetto italiano, che prende il nome di Madhouse. Dopo due primi dischi compatti stilisticamente (Fairy Tales From Hell’s Caves e A Whisper of Dew), grazie ovviamente alla piena fiducia del duo Lunatic Asylum-Andromeda, ecco che il terzo disco si presenta in linea con il genere finora trattato, ma senza dubbio migliorato dal punto di vista qualitativo. Si tratta di un gothic metal sempre più atmosferico, questa volta addirittura vicino a situazioni horror; il tutto conseguito con buon esito. Rispetto alle soluzioni sonore dei primi lavori, si percepisce immediatamente un accurato lavoro di perfezionamento dell’intelaiatura sonora e della produzione. Supportati da un’ottima risposta del pubblico gotico europeo, i cinque “mandragoriani” si staccano dai lidi più classici del genere e si arricchiscono di passaggi sinfonici e di altri nei quali il tessuto sonoro risulta certo più imponente rispetto alla norma.

La potenza dunque è la caratteristica forse più innovativa; è ben visibile in Dark Lantern, attraverso complesse strutture ritmiche, arricchite da parti in doppia cassa (come anche in Haunted Heart) e con in sfondo misteriosi loop di tastiera. Voci femminili sussurrate, piuttosto stregate e inquietanti, intervallate da brevi parti corali auliche, si infrangono sulle potenti tonalità clean della vocalist Morgan in Redeemer, interrotta a volta da brevi accenni addirittura urlate. Dalla potenza si passa subito con Frail Midnight a toni ancora più epici ed evocativi, con il contributo del vocal maschile – a riprendere il tradizionale contrasto vocale uomo-donna – simile alle voci maschili del gothic nord-europeo (leggermente meno rauca di Ville Laihiala dei Sentenced).
La varietà sonora è dunque evidente; viene messa molta carne al fuoco, ma senza presunzione o grossolanità. Il sound suona pertanto drammatico e al contempo dinamico. Si passa con buona fluidità da parti di maggiore delicatezza emotiva, ad altre dove riff massicci si combinano con ritmiche più pesanti. A testimonianza di ciò, il sesto capitolo Frozen Space, brano davvero ben strutturato e affascinante, spazia da arpeggi di chitarra acustici a parti vocali sussurrate o addirittura dialogate, fino ad emergere in riffing potenti, ma ordinati. L’unica ombra dell’album che lascia perplessi, è l’ottava Silences, brano che rischia seriamente l’accusa di plagio nella ritmica troppo uguale – si tratta di una sequenza ben strutturata, non certo banale – a Puritania dei norvegesi Dimmu Borgir.

A parte questa svista – sempre che la si voglia chiamare così – il disco scivola bene fino in fondo, senza mai provocare affaticamento o scendere vistosamente di tenore. Al contrario nella decima Ghost of Swan, i Mandragora ci regalano perfino un arpeggio acustico denso di drammaticità, in perfetto stile anathemiano del periodo Eternity, sostenuto dal contributo elettronico che è alla base ad esempio degli Antimatter di Lights Out. Insomma se la band continua di questo passo, certamente sentiremo parlare di loro sempre di più.

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