Voto: 
4.7 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Stygian Crypt
Anno: 
2006
Line-Up: 

Hugin - Tastiere
Athelstan – Chitarra Elettrica, Basso, Programmazione della batteria, Voce
Wulfstan - Voce
Magnus Wohlfart – Chitarre Elettriche ed Acustiche, Tastiere, Voce
Jeremy Child - Batteria
Daniel Fredriksson - Liuto, Mouth Harp
Simon Frodeberg - Basso
Kristofer Janiec - Violino
Michelle Maas - Voce
Niklas Olausson - Voce
Daniel Pettersson - Violino
Ruslanas – Voce narrante
Tobias Andrelang - Basso
Achim Eberle - Percussioni
Ralf Gruber - Batteria & Percussioni
Bernd Intveen - Chitarra Elettrica
Sanine Stelzer - Cornamusa, Flauto, Schalmey, Percussioni
Marcus Van Langen - Chitarra Acustica, Saz, Basso, Percussioni, Fluato, Voce
Andre Groschopp - Chitarre Elettriche ed Acustiche, Tastiere, Voce, Flauto, Violino, Batteria
Marios Koutsoukos - Voce, Tastiere
Stefanos Koutsoukos - Basso
Nikos Nezeiritis - Chitarra Acustica
Hildr Valkyrie - Voce, Tastiere
Mark Riddick - Flauto, Percussioni
Axel - Chitarre Elettriche ed Acustiche, Basso, Voce
Becky – Arpa celtica
Alessandro Caruso – Batteria, Percussioni
Francesca Crotti - Violino
Igor Saviola - Voce
Raven - Arpa celtica
Ulven – Chitarra Acustica

Tracklist: 

1. Introduction
2. The Lady's Gift
3. By The Sword Of My Father    
4. Naglfar Sets Sail    
5. The Death Of Beowulf    
6. Instrumental
7. Skaldic Art
8. Domain Of Darksome Ravens    
9. Returne To Waelhalle
10. Heathenpride (Falkenbach Cover)    
11. Elves    
12. Invictus
13. Wisdom Of Wolves    
14. Sailing A'Viking
15. Tribute To Viking Gods
16. Journey Ends (Outro)

Folkearth

By the Sword of My Father

I Folkearth sono un gruppo formatisi recentemente ma con due full-lenght (“A Nordic Poem” del 2004 e questo “By The Sword of My Father”) già all’attivo e un terzo in arrivo l’anno venturo (titolo previsto: “Drakkars of the Mist”); a questa particolarissima band partecipano musicisti provenienti da tutta Europa: svedesi, lituani, tedeschi, inglesi, austriaci, greci, italiani, perfino uno statunitense, rendendola un vero e proprio melting-pot. Tutto questo, sulla carta, pare il prologo alla presentazione di un super-gruppo dalle grandi potenzialità: ma nel concreto i Folkearth si rivelano poco più che il classico “tutto fumo niente arrosto” – questo progetto si rivela ‘super’ nelle dimensioni (più di trenta elementi coinvolti), ma assolutamente deludente nella qualità della proposta musicale.

In “By The Sword of My Father” non si verifica quell’amalgama che sarebbe stato necessario per far decollare un progetto dalle origini così variegate, ed il disco finisce per suonare, oltre che poco ispirato, anche molto disomogeneo. Le influenze Folk, importantissime visto l’indirizzamento del progetto verso lidi Folk-Viking Metal, svariano parecchio, passando dal celtico al nordico e presentando anche alcuni momenti più ‘caldi’, ma senza mai trovare una direzione comune; queste vengono unite ad un Metal abbastanza scontato, con radici nel Power – Epic e con rami nel sound Estremo, ma nemmeno qui arriviamo a risultati di pregio, dato che le parti vocali sono generalmente abbastanza inespressive, le chitarre sono poco incisive, i ritmi sono poco interessanti sotto il profilo della varietà e gli accompagnamenti di tastiera sono banalissimi. Ma più che per problemi tecnici, il disco delude sotto il profilo della composizione: noioso ed inutilmente prolisso, il disco si trascina stanco fra voci femminili fin troppo gentili per un genere poderoso quale il Viking, uno screaming innocuo e un cantato pulito privo di nerbo; a queste fanno contorno parti Folk prevedibili e spesso di prive d’esplosività, e un riffing Metal assolutamente derivativo, che talvolta sfocia quasi nel plagio (un paio di linee in “Lady’s Gift” ricordano molto da vicino “Pirate Song” dei Running Wild).

Presenti comunque alcuni tocchi di classe nella titletrack (l’intro di flauto è zoppicante, ma lo sviluppo della song è piacevolmente epico e sostenuto da ottimi cori) e nella già citata “Lady’s Gift” (condita da melodie chitarristiche Power-oriented che potranno interessare i fans degli Ensiferum), e si lasciano ascoltare anche "Skaldic Art" e "Naglfar Sets Sail": ma è comunque troppo poco per permettere al disco di arrivare ad una valutazione sufficiente, in quanto risultano eccessivamente noiosi brani come “The Death of Beowulf”, “Domain of Darksome Ravens” o “Invictus”, e perfino la cover di Falkenbach (“Heathenpride”) perde d’efficacia nelle mani dei Folkearth – ma il fondo viene toccato con “A Tribute to the Viking Gods”, traboccante cliché e interpretata in modo quasi amatoriale. Il disco è peraltro fiaccato da una visione d’insieme che manca di profondità e coerenza, data la disomogeneità sonora di cui si è già accennato, e questo toglie al disco la possibilità di maturare con gli ascolti, finendo per diventare un inelegante complemento all'arredo dei vostri scaffali dopo qualche ora.

Passati i primi anni di esplosione e grande inventiva, ora il mercato Folk-Viking inizia a saturarsi di tanti piccoli progetti di basso profilo, sinceramente privi di qualsiasi appeal per chi non è infatuato totalmente di simili sonorità; manieristico, lunghissimo e poco ispirato, “By The Sword of My Father” è pertanto consigliato solo ed esclusivamente a chi mangia a pranzo, colazione e cena dischi di Pagan, Viking e Folk Metal, ed è mortalmente incuriosito da un progetto così strano. Chiunque non sia un fanatico tout-court del genere lasci pure perdere.

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