- The Nightingale - voce
- The Penguin - voce
- The Skunk - voce
- The Wolf - voce
- The Ram - voce
- The Walrus - chitarra
- The Lynx - batteria
Guests:
- Richard Balling - voce
- Shayla Blatchford - voce
- Amirtha Kidambi - voce
- Newsha Mohajeri - voce
- Ash White - voce
- Charlene Roger - parti parlate
- Andrea Babinski - violino
- Max Shereshevsky - batteria
1. Intro (00:40)
2. Un’Aria (01:05)
3. Skullflower (04:13)
4. My Horse Must Lose (04:21)
5. Chiriacho Summit (01:30)
6. Horses In The Sky (05:21)
7. Stockhausen, Es Ist Ihr Gehirn, Das Ich Suche (08:03)
8. Prayers On Fire (03:29)
9. The Golden Boy That Was Swallowed By The Sea (01:41)
10. This Heat (10:35)
11. Un’Aria Ancora (00:39)
12. St. Broadrick Is In Antarctica (03:00)
13. The Heretic (05:01)
14. There Can Be No Dispute That Monster Live Among Us (06:34)
Lover, the Lord Has Left Us
Lover, The Lord Has Left Us è il secondo lavoro per la misteriosa band di Los Angeles che, ancora una volta, lascia a bocca aperta il proprio pubblico proponendo una musica fuori da ogni schema. La formazione, composta da ex membri di gruppi come Rx Bandits, Finch e Circa Survive, è attiva dal 2004 e si è fatta conoscere oltreoceano con il debut album Tiger And The Duke. Complici un sound particolare e lo stravagante desiderio dei singoli artisti di rimanere nell’anonimato e di presentarsi sotto sembianze di animali, i The Sound Of Animals Fighting si fanno notare ovunque mettono piede; se ci si imbatte in qualche loro creazione non la si dimentica facilmente.
I giovani americani si spingono questa volta oltre ogni limite: Lover, The Lord Has Left Us prende Elettronica, Ambient, Noise, Industrial, Psichedelia, melodie orientali ed elementi di musica classica, e fonde il tutto in un’opera estranea ad ogni classificazione. Sebbene sia un compito arduo stabilire un genere che descriva il prodotto nella sua complessità, la ricerca di un suono inedito attraverso geniali sperimentazioni e la vivacità compositiva mirata a valicare ogni confine gli valgono il titolo di disco Prog. Alla proposta musicale si confà perfettamente il notevole artwork, che si presenta come la traduzione grafica delle trame insite nelle melodie. Il sound subisce evidenti cambiamenti e nuove influenze rispetto a quello del primo album e, nonostante l’ascolto risulti a tratti impegnativo, le quattordici track scorrono lente ed inesorabili creando un’atmosfera surreale. Quaranta secondi di rumore e distorsioni aprono il cammino imprevedibile ed inquietante proposto dalla band statunitense, lasciando presagire quello che sarà il tema dominante dell’intero disco. In Un’Aria, una voce femminile intona senza alcun accompagnamento melodie che contribuiscono ad incuriosire ulteriormente l’ascoltatore e che verranno riprese con diverse variazioni in Un’Aria Ancora. Già alla terza traccia si intuisce l’immensa varietà musicale dalla quale l’album è caratterizzato. Chitarre acustiche ed elettriche emergono tra cantati maschili e modulazioni femminili dal sapore orientaleggiante. L’apporto di ogni membro del gruppo è fondamentale e, pur rivelandosi apparentemente autonomo rispetto al percorso degli altri strumenti, contribuisce alla realizzazione di un brano che, senza quella particolare sfumatura, non avrebbe ragione d’essere. Le parti parlate sono ricorrenti e talvolta costituiscono, insieme alle oscure trame elettroniche, l’anima dei brani.
Diverso è il caso di Stockhausen, Es Ist Ihr Gehirn, Das Ich Suche, nella quale vige la contrapposizione tra stridenti cacofonie e melodie evocative, e in cui parole in inglese si alternano a frazioni di canto lirico in lingua tedesca. In Prayers On Fire dominano motivi tradizionali mediorientali, i quali si intrecciano con suoni di stampo sperimentale creando atmosfere in grado di trascinare l’ascoltatore in paesi lontani e di suggerire forme e colori prima sconosciuti. Mentre tutte le tracce fin qui scorse necessitano di diversi ascolti per essere capite ed apprezzate appieno, The Heretic è forse l’unico brano immediatamente assimilabile. Le fragili note di tastiera accompagnano la dolce voce del vocalist in un’armonia cristallina sospesa su una struggente malinconia. Il disco si conclude con There Can Be No Dispute That Monster Live Among Us, davvero trascurabile dal punto di vista musicale - essa è priva di una struttura logica e di uno svolgimento armonico, si sviluppa su di una linea vocale incerta ed uno strimpellio di chitarra - ma interessante quanto a testo. Esso suggerisce infatti l’essenza dei The Sound Of Animals Fighting: in risposta alla chiusura mentale ed alla limitata concezione di musica dell’Occidente non resta che dimostrare come anche il rumore possa trasformarsi in melodia, in un turbine di vibrazioni in grado di spazzare via sordi tabù ed intervalli precisi.
Lover, The Lord Has Left Us si rivela da un lato cupo ed introspettivo, dall’altro capace di ipnotizzare l’ascoltatore in un’apatia governata da note che si susseguono in un casuale disordine e che non lasciano alla mente alcuna via di scampo. Quest’album non piacerà certo a tutti e apparirà forse ridondante e contorto, ma dopo alcuni ascolti sarà più semplice cogliere ciò che di piacevole esso sa regalare.
"And if the ears of the listener are uncomfortable, that does not mean the music is bad, it means the listener does not prefer to hear it."