- Vintersorg (Andreas Hedlund) - Voce, Chitarra Elettrica, Chitarra Acustica, Basso
Guests:
- Cia Hedmark - Voce su “Stilla”
- Vargher - Tastiere, Programmazione della Batteria
1. Norrland
2. Stilla
3. Norrskensdrömmar
4. Hednaorden
5. Tussmörkret
Hedniskhjärtad
“Hedniskhjartad” è il primo segno di vita di uno dei progetti più interessanti ed eclettici che il panorama Metal possa annoverare, i Vintersorg, al tempo di questa pubblicazione niente più che il progetto personale dell’artista omonimo, Andreas Hedlund (in arte Vintersorg), ritratto sulla non memorabile copertina di questo proprio debutto immediatamente sopra al titolo del disco, un titolo chiaro come pochi altri nella sua discografia: “Hedniskhjärtad”, ‘di cuore pagano’.
Siamo alla fine del 1997, e quella che allora era la band ‘principale’ di Andreas, la seminale folk-metal band Otyg, aveva appena registrato il proprio debutto per Napalm Records, “Alvefard” , e si trovava in un momento di pausa. Vintersorg, accasatosi anch’egli presso la prestigiosa label austriaca, si dedica dunque a questo suo progetto solista, attivo già da diversi anni in svariate forme, le più concrete delle quali erano state le extreme-metal bands Vargtorne e Cosmic Death.
Per l’inizio dell’anno successivo, Andreas ha pronti venti minuti di musica divisi piuttosto equamente fra i cinque brani che compongono questo EP di debutto, che vede partecipare oltre al mastermind Vintersorg (chitarra elettrica ed acustica, basso, voce) anche due suoi fidati collaboratori dell’epoca, ovvero Cia Hedmark (vocalist e violinista degli Otyg, qui in veste di seconda voce) e Vargher (chitarrista dei connazionali Naglfar , qui alle tastiere ed alla programmazione della drum-machine).
Rude, mozzafiato e maestoso proprio come i panorami che si prefigge di descrivere, “Hedniskhjärtad” vede Vintersorg cimentarsi con un Folk Metal caratterizzato sia dalle fredde tinte del Black Metal che dalle altrettanto importanti connotazioni epiche: le chitarre sono dinamiche ed esaltanti, la batteria programmata è di livello a malapena accettabile, le melodie delle varie canzoni estremamente coinvolgenti nonostante il vocalist reciti testi caratterizzati dall’esclusivo utilizzo della lingua madre (decisamente ostica a chi non ne è avvezzo) e dall’assenza delle rime (mentre i successivi dischi saranno quasi esclusivamente in rima, alternata o baciata che sia). Proseguiamo con il capitolo ‘voce’: chi è avvezzo alle sperimentazioni teatrali di “The Focusing Blur” o all’esasperata perfezione stilistica di “The Astral Factor” dei Waterclime, stenterà a riconoscere l’ugola di Andreas in queste sue cinque rudimentali performance, in cui la passione, l’istintività e l’emozione vengono prima di qualsiasi considerazione tecnica; il Vintersorg di “Hedniskhjärtad” è un cantante che mischia un pulito estremamente epico e cadenzato ad uno screaming non perfetto tecnicamente ma di buona presa e discreta grinta, e che punta tutto sull’impatto della propria peculiare voce.
Quello di “Hedniskhjärtad” è lo stile che caratterizzerà i Vintersorg fino ad "Ödemarkens Son" compreso, e che su questo EP è solamente al primo passo della propria evoluzione, ma che già mostra un potenziale invidiabile e idee già meritevoli di lode ed attenzione: una canzone come “Norrland” può essere presa come vero e proprio simbolo del Vintersorg del “periodo Folk”, grazie alla sua costruzione magistrale, alla sua introduzione acustica da brividi, al cantato pomposamente descrittivo e alle tastiere di sottofondo, profondamente debitrici del primo Black Metal di Emperor e Satyricon; l’opener del disco è un ideale abbraccio alla sua ‘terra del Nord’, cui i primi dischi del gruppo paiono quasi un’ode, descritta in tutta la sua misteriosità e poesia, fra neve che si posa silenziosa sulle lande desolate e montagne racchiuse nell’oscurità della notte. Altrettanto poetica la seconda “Stilla”, progenitrice di episodi quali “Isjungfrun” e “Svältvinter” per via dell’alternanza del cantato maschile e femminile, con la voce delicatissima di Cia Hedmark a inserirsi, quasi in punta di piedi, tra un intervento e l’altro del profondo ‘vocione’ di Vintersorg.
La terza “Norrskensdrömmar” ci solleva da terra per rivelarci l’aurora boreale, impressionanti giochi di luce e lo sconfinato cielo stellato, temi principali di una canzone notturna e sognante, pregna di un’ammirazione quasi ingenua per quei fenomeni naturali che lo stesso artista svedese andrà a sviscerare, con un approccio ben più razionale e scientifico, nei dischi della seconda fase della propria carriera.
Proseguendo nell’ascolto si incontrerà “Hednaorden”, ovvero quanto di liricamente più vicino al Viking Metal Andreas abbia mai composto: il campionario d’immagini è quello classico del Viking e del Pagan Black, di lì a poco tempo saccheggiato dalle bands della nuova ondata del genere: armate nordiche vittoriose nella lotta con gli invasori, eroici guerrieri che lottano indomiti sotto lo sguardo dei propri avi, paradisi che crollano e vengono sostituiti dall’adorazione della natura: in questa traccia in particolare, gli inserti acustici e i cori tipici di questo “Hedniskhjärtad” donano ulteriore splendore alle atmosfere create dal maestoso e possente canto di Vintersorg. Chiude la crepuscolare “Tussmörkret”, con le sue tastiere d’atmosfera fondamentali nel reggere le evoluzioni della voce e delle chitarre, i cui toni si fanno più crudi e sporchi quando viene a mancare il supporto delle tastiere di Vargher.
Così, senza il benché minimo calo, terminano i venti minuti di “Hedniskhjärtad”, un lavoro solitamente ed incomprensibilmente sottovalutato, vuoi per la scomoda posizione (unico EP fra i cinque mastodontici dischi del gruppo), vuoi per l’esigua durata, ma che presenta molteplici pregi; questo disco è l’antipasto perfetto per un capolavoro del Folk/Viking Metal quale il seguente “Till Fjälls” e per l’ulteriore successore, il roccioso ed oscuro “Ödemarkens Son”, ed è degno al pari di loro di fare parte di questo primo tratto della carriera di Vintersorg; per ora niente sperimentalismi, niente divagazioni intellettuali o matematiche, niente strutture particolarmente complesse o intricate, niente suggestioni scientifiche: “Hedniskhjärtad” è la passione per la propria terra, per quella pace che si respira nella natura incontaminata e per le meraviglie che essa ci dona.
Un disco per chi apprezza il Folk-Black-Viking Metal di matrice scandinava, e soprattutto per chi si sente orfano di uno dei progetti più appassionanti e sinceri di quella scena, un progetto che oramai veleggia su altri lidi (sempre con la consueta classe, beninteso) innovando, sperimentando e spingendo i confini del Metal avanguardistico sempre più lontano. Il ‘cuore pagano’ ne è l’origine.