Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Chiara Muscarà
Genere: 
Etichetta: 
Arise Records
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Roberto Tiranti - voce

- Andrea Cantarelli - chitarra

- Pier Gonella - chitarra

- Andrea De Paol - tastiera, programmazione

- Mattia Stancioiu - batteria, cori



Tracklist: 



1. L.Y.A.F.H. (04:26)

2. Deserter (05:03)

3. Dive In Open Waters (03:10)

4. Freeman (04:16)

5. M3 (04:10)

6. Face And Pay (05:27)

7. Malcolm Grey (06:02)

8. Nothing New (05:03)

9. Infidels (05:55)

10. Meanings (03:56)

Labyrinth

Freeman

Con il loro atteso ritorno, i Labyrinth continuano le tracce che già si erano allontanate dalla prima via intrapresa dal gruppo, quella del Power-metal. Complice anche l’assenza di una colonna portante del gruppo d’origine, Olaf Thorsen, compositore di gran parte dei brani più Power, i sei musicisti si spostano verso sonorità diverse, non dimenticando però il timbro personale, e confermando la loro evoluzione.
L’aggettivo più adatto per descrivere Freeman è “complesso” ogni traccia infatti differisce dalle altre: accanto a brani lineari, molto melodici e cantabili, sono presenti chitarre notevolmente più pesanti ed aggressive, frammenti brutali ed accurate ricerche melodiche.

Il disco si apre con L.Y.A.F.H., ricca di riff Heavy di matrice classica, mentre la successiva Deserter è molto più cantabile e rettilinea; l’irruente Dive in Open Waters precede Freeman, brano impregnato delle influenze più Hard-Rock e Heavy, adorno di un inaspettato intermezzo elettronico, che introduce questa nuova sonorità adottata dalla band.
Da M3, attraverso le notevoli evoluzioni canore di un Roberto Tiranti che dimostra tutto il suo talento e la preparazione, si scivola verso la devastante Face and Pay, e successivamente ad uno dei pezzi più interessanti di questo disco, la teatrale e schizofrenica Malcolm Grey, culmine della genialità di questo album. Con Nothing New e Infidels si passa quindi a sonorità molto più Heavy, ricche di chitarre laceranti e delle note sfiorate del pianoforte, che riportano ai vecchi lavori. La chiusura dell’album è affidata a Meanings, canzone veloce, affrettata, che unisce suoni elettronici al graffiante ritmo delle chitarre.

Un disco malato, quindi, intriso di una pazzia, un’alienazione già evidenti dall’artwork. Una potente pozione di realtà e fantasia, tra le solide e terrene chitarre e le note accennate di suoni surreali ed astratti, dove un concetto si perde nell’altro, e come urla l’espressiva voce di Tiranti too thin is the line between dream and reality.


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