- Simone “Hellvis” Salvatori - Voce e Chitarra
- Piergiorgio Ambrosi - Pianoforte, Tastiere
- Andrea Freda - Batteria
1. Slave
2. Bastard Angel
3. I Walk The (Dead) Line
4. The Shining Circle
5. My Kingdom For A Horse
6. Jesus Died In Las Vegas
7. Cruisin'
8. Love Through Vaseline
9. Ragged Bed
10. No Kisses On The Mouth
11. Redemption Or Mysef
Armageddon Gigolò
Nuovo full-lenght per gli italiani Spiritual Front, che tornano a far parlare di sé con questo “Armageddon Gigolò”, dopo che uno split con i Naevus, intitolato “Bedtime/Badtime” e pubblicato dalla Old Europa Cafe, aveva già smosso le acque in questo 2006 in cui la vena artistica del gruppo sembra essere ben vivace ed attiva.
Simone “Hellvis” Salvatori, leader del progetto, ha capito che era giunto il tempo per una decisa conferma anche sulla lunga distanza, dopo che il suo gruppo aveva conquistato molteplici consensi con “Satyriasis”, pubblicato l’anno scorso per Cold Meat Industry: uno split album in collaborazione con i guru svedesi Ordo Rosarius Equilibrio, in cui entrambe le band si riproponevano con veemenza quali artisti di valore assoluto, e che si è dimostrato uno dei dischi più convincenti del 2005.
Forte di quest’esperienza estremamente positiva, Salvatori ha composto e pubblicato questo “Armageddon Gigolo”, che nei suoi tre quarti d’ora di musica, lo anticipiamo subito, convince pienamente e porta a compimento l’evoluzione che il gruppo ha vissuto in questi ultimi anni, progressivamente allontanandosi dal Folk Noir di “Songs for the Will”, primo vagito della band nel 1998, per approdare ad uno stile, quello attuale, molto più personale e maturo.
I preziosi arrangiamenti d’archi, le tenebrose melodie del pianoforte e le coinvolgenti ritmiche di chitarra acustica costituiscono le basi Folk su cui la voce di Simone si muove con sapiente esperienza e consumata malizia; le undici tracce del disco sono tutte ballate con una rodata struttura molto fedele alla forma-canzone, che i ricchi arrangiamenti sinfonici fanno divagare in varie situazioni sonore, tra spunti neoclassici, ritmi danzerecci e interpretazioni cantautoriali, per un connubio che la band auto-definisce “Nihilist Suicide Pop”, espressione traducibile in termini un po’ più comprensibili e meno bizzarri come un’indovinata unione tra il Folk e il Dark Pop.
Come detto, similitudini a livello strutturale fra i vari episodi non sono difficili da trovare, essendo le varie canzoni tutte composte da lunghe strofe, in cui Salvatori tiene un profilo basso con un registro vocale composto ma teatrale, solitamente appoggiandosi ai sapienti ricami dei violini, e da ritornelli in cui il vocalist ruba la scena a tutti gli altri strumenti, con intonazione ben più corposa ed un piglio maggiormente “da protagonista”.
Ad aprire il disco è una coppia di capitoli in cui un danzante e ritmato stile Folk viene rivisto in un’orecchiabile ma tetra chiave Pop, trasformando le vivaci sezioni di tastiere e archi in oscuri movimenti dal retrogusto melanconico ed al contempo ironico; non mancano comunque momenti più delicati, con i soli archi a creare dolci intermezzi, come a metà di “Slave” o nella parte introduttiva della splendida “Bastard Angel”, uno dei fiori all’occhiello di questa pubblicazione. Dopo altri due brani che, pur interessanti, non si discostano particolarmente dallo stile del resto del disco, troviamo un momento più particolare nella quinta “My Kingdom for a Horse”, un duetto fra voce e archi, in cui i soffici arrangiamenti potrebbero richiamare i connazionali Ashram , ma in cui il feeling positivo è corrotto dall’interpretazione di Simone, che devia il brano su sentieri ben più personali, che preludono all’esplosione definitiva del platter nel brano successivo, il migliore del lotto, la darkeggiante “Jesus Died in Las Vegas”, dal ritmo rilassato e dal cantato intimista che tuttavia spiega le proprie apocalittiche ali durante un refrain molto ben composto e capace di catturare l’attenzione già ad un primo ascolto.
Il ritmo campionato di “Cruisin” è un tentativo di ripetere il gioiello appena presentato, ma si rivela leggermente meno riuscito pur viaggiando nell’eccellente media del disco, che prosegue imperterrito in questa direzione più intima e raccolta (fa eccezione la nona “Ragged Bed” che riprende gli incalzanti temi d’inizio disco) e che avrà il proprio naturale climax nella decima “No Kisses On the Mouth”, richiamante a livello atmosferico e sonoro le ambientazioni del già citato e incensato “Satyriasis”, grazie ai distanti ed ipnotici accordi del piano di Piergiorgio Ambrosi, supportati nelle strofe da una prova molto sofferta di Simone alla voce; voce che si fa più malinconica e distesa durante il chorus, in cui tornano a farsi sentire anche le tristi melodie dell’esperta sezione d’archi, comprensiva di nomi importanti quale ad esempio Matt Howden di Sieben e Sol Invictus: le finissime cuciture degli archetti sono una costante fondamentale che impreziosisce “Armageddon Gigolò” per tutta la sua durata.
La chiusura è affidata a “Redemption Or Myself”, basata sulle armonie di un cantato a cappella in sottofondo che riprende un po’ lo stile degli spirituals americani, su cui si staglia netto il cantato cadenzato e narrante di Simone; è la chiusura catartica, dopo quarantacinque minuti abbondanti di musica, del nuovo lavoro del gruppo romano.
Maturo e consapevole, questo episodio targato 2006 del gruppo di Salvatori è un disco che mostra le capacità degli artisti che l’hanno composto, abili nel coniugare atmosfere Dark e nostalgiche, ballate di Pop alternativo e richiami ad un Folk riproposto in una veste ambigua e impura; di Rock c’è poco e niente, ma è un lavoro che in certi settori ‘alternativi’ può avere un discreto mercato: non v’è dubbio che con una coppia sensazionale come “Satyriasis” e “Armageddon Gigolò”, gli Spiritual Front possano veramente fare il grande salto che li porti a un pubblico più ampio. Sempre che questo sia disposto a mandar giù le provocazioni lirico-ideologiche del gruppo capitolino...
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MySpace di Spiritual Front (4 brani di questo disco in streaming)