- Alex Pappas - batteria
- Derek Doherty - basso
- Nate Barcalow - voce
- Randy "R2K" Strohmeyer - chitarra, cori
- Alex "Grizz" Linares - chitarra
Guest:
- Daryl Palumbo - cori
1. New Beginnings (04:01)
2. Letters to You (03:19)
3. Post Script (02:49)
4. Grey Matter (02:39)
5. Perfection through Silence (03:09)
6. Awake (04:48)
7. Without You Here (04:10)
8. Stay with Me (04:02)
9. Project Mayhem (05:19)
10. Untitled (04:13)
11. Three Simple Words (04:38)
12. Ender (013:28)
13. What It Is To Burn (04:29)
What Is to Burn
Da non confondersi con l'omonimo gruppo olandese di Progressive Rock settantiano, i Finch sono una giovane band statunitense nata nel 1999 che è partita dal Post Hardcore aggiornandolo ad un Alternative Rock molto particolare.
Dopo un discreto EP dal titolo Falling Into Place, trascurabile anche data la quantità di materiale in esso presente (quattro tracce per sedici minuti), il gruppo viene messo sotto contratto da Mark Trombino, già produttore di fenomeni Pop-Punk ed emo di buon livello (Blink182, Jimmy Eat World).
Nel 2002 esce così il loro debutto, What Is To Burn.
Due tracce, ovvero Letters To You e Perfection Through Silence, erano già presenti sul precedente EP, e qui possiamo ascoltarle in una veste di produzione migliore. Ma la sorpresa non arriva dai classici singoli teenageriali (come Letters To You appunto), bensì da ben altro. L'album è, infatti, un manifesto di cosa si possa fare contaminando l'Emo.
L'opener New Beginnings è, ad esempio, innestata da forti componenti Post Hardcore, così come la più Punk Post Script.
Vere perle sono invece le belle Grey Matter e Project Mayhem, cantate assieme a Daryl Palumbo dei Glassjaw: se la prima regala melodie a metà tra Emo e Rock puro, la seconda mescola il Post Hardcore all'Elettronica. Soluzioni ottime, ma che comunque sono debitrici delle intuizioni dei Refused.
Pezzi più personali sono invece Awake, cullata tra Hardcore e Pop, e l'ottima Without You Here, dalle reminiscenze Post Grunge che creano melodie avvolgenti ed emozionanti.
Se invece canzoni come Stay With Me e Untitled non aggiungono niente di nuovo al discorso che stavano portando avanti gruppi come, ad esempio, gli A.F.I., troviamo piuttosto qualcosa di inedito negli sperimentalismi sonori di Three Simple Words e della lunghissima Ender (più di tredici minuti, spezzati in una prima parte Emo-Core e una seconda parte di coda elettronica avanguardistica).
La title-track, piazzata alla fine, è invece un semplice pezzo Post Hardcore che non aggiunge né toglie nulla al lavoro. In definitiva, un debutto molto personale, coinvolgente e promettente.