- Hansi Kürsch - voce
- André Olbrich - chitarra
- Marcus Siepen - chitarra
- Frederik Ehmke - batteria
Guests:
- Oliver Holzwarth - basso
- Matthias Wiesner - tastiere
1. This Will Never End (05:07)
2. Otherland (05:14)
3. Turn The Page (04:16)
4. Fly (05:43)
5. Carry The Blessed Home (04:03)
6. Another Stranger Me (04:36)
7. Straight Through The Mirror (05:48)
8. Lionheart (04:15)
9. Skalds And Shadows (03:13)
10. The Edge (04:27)
11. The New Order (04:49)
A Twist In The Myth
A distanza di quattro anni dal controverso A Night At The Opera, disco che ha letteralmente spaccato in due i fan del gruppo, tornano finalmente sulle scene i Blind Guardian, senza dubbio uno dei complessi migliori in ambito Metal. Difficile infatti vantare una carriera come quella di Hansi e soci: un esordio a dir poco stravolgente, in grado di aggiungere alle sonorità dei primi Helloween un tocco di violenza in più, un autentico capolavoro della musica Rock come Imaginations From The Other Side e la perfezione assoluta raggiunta con Nightfall In Middle-Earth, meravigliosa perla datata 1998. Negare inoltre la classe compositiva del combo tedesco di fronte ad un’opera d’arte del calibro di The Bard’s Song è da veri ipocriti. Soltanto nel 2002, anno di uscita di A Night At The Opera, sono emersi alcuni dubbi sul complesso di Krefeld. L’ormai penultimo full lenght targato Blind Guardian aveva infatti destato non poche perplessità e, se da un lato gli amanti del Power Metal plastico e di nuova generazione ne erano rimasti incredibilmente affascinati, i fan della prima ora avevano storto il naso, chiedendosi se tastiere e campionamenti vari fossero effettivamente meglio di quei riff, forse grezzi, ma senz’altro appassionanti, che caratterizzavano Battalions Of Fear e Follow The Blind. Sì, proprio quei riff che, con il passare del tempo, sono stati posti volutamente in secondo piano, sovrastati da cori sontuosi ed effetti barocchi, fino a scomparire quasi del tutto in A Night At The Opera. Con A Twist In The Myth le cose sembrano però essere cambiate, ma non si tratta di un semplice passo indietro. I Blind Guardian si sono ripresentati al pubblico con un lavoro testimone inconfutabile dei frutti nati da esperienza ed evoluzione, due qualità che, oggi ancor più di ieri, si addicono perfettamente al gruppo di Hansi Kürsch e André Olbrich.
Il tanto atteso ritorno dei bardi teutonici era stato anticipato, il ventiquattro febbraio, da un singolo già analizzato nel dettaglio a suo tempo. Fly aveva messo in mostra una band assai diversa rispetto a quella di quattro anni fa, una band aperta a nuove influenze e pronta ad esplorare campi musicali mai battuti in precedenza, senza però convincere del tutto. Sarà stato lo stupore iniziale, uno sconcerto inatteso, fatto sta che Fly non aveva infuso esclusivamente certezze fra gli appassionati di Metal. Dopo alcuni mesi e svariati ascolti però, non erano in pochi ad aver cambiato idea a riguardo, rivalutando notevolmente il brano inizialmente incriminato. Stessa identica cosa accadrà molto probabilmente con A Twist In The Myth, un album le cui melodie richiedono diverso tempo per essere apprezzate appieno, esattamente al contrario di quello che il Power Metal offre purtroppo oggigiorno.
L’impatto con il disco è immediato e rassicurante, perlomeno nei primi secondi di This Will Never End. Un riffing davvero aggressivo apre il brano e trasmette, fortunatamente, un discreto sollievo. Le somiglianze con Fly ci sono e si notano, nonostante non siano proprio evidenti al primo ascolto. Ai classici cori pomposi, assidui e travolgenti, si aggiunge un pizzico di asprezza, dovuto al suono tagliente di una chitarra finalmente efficace. Il particolarissimo stile vocale di Hansi appare mutato rispetto al passato, ricalcando comunque quanto fatto sul mini apripista. Il singer germanico preferisce ora un cantato meno d’impatto, lontano anni luce da quello grezzo ed impreciso degli esordi. Si prosegue poi con una delle migliori canzoni dell’intero platter: Otherland. In questo caso l’incontro fra i nuovi Blind Guardian ed i vecchi regala emozioni straordinarie. Lo stile proprio di A Twist In The Myth si mischia ai grandi lavori del passato, dando quasi la sensazione di tornare indietro nel tempo. Da notare oltretutto, che la produzione dell’album ricorda molto più quella di Nightfall In Middle-Earth rispetto a quella, abbastanza scadente, di A Night At The Opera. I suoni, soprattutto durante gli assoli, sempre di ottima fattura, richiamano alla mente i dischi di vecchia data, conferendo all’opera un intensità veramente esemplare.
Mossi dall’entusiasmo si prosegue con Turn The Page, nel cui esordio pare di rivivere, assai piacevolmente, l’epoca medioevale. I Blind Guardian mettono qui in mostra tutto il loro talento, la loro abilità nello scrivere composizioni d’altri tempi ricche di tensione emotiva e di fascino. Hansi non osa troppo con la voce, il che, stavolta, non può che lasciare abbondantemente soddisfatti. Di particolare interesse sono, come d’altronde in quasi tutto il disco, le parti di chitarra, eccezionali e comprese di assoli fenomenali. Grande merito va dato sì ad un incontenibile André Olbrich, ma senz’altro anche alla produzione dell’album, che, come già asserito in precedenza, permette di apprezzare maggiormente ogni minimo passaggio e, di conseguenza, l’intero full lenght nel suo complesso. Ascoltare Fly a questo punto dell’opera risulta tutta un’altra cosa rispetto a quando si aveva tra le mani un misero formato singolo. Dopo tre brani pare chiaro che Fly estremizzi i tipici suoni di A Twist In The Myth, quasi a voler rompere una tradizione con il passato. Inferiore ai due pezzi che lo hanno preceduto, il quarto capitolo del platter offre in ogni caso una ritmica interessante, pur rivelandosi abbastanza insolita nel suo genere, fatta di musicalità eccentriche e percussioni tribali.
I primi attimi pacati del lavoro arrivano con Carry The Blessed Home, nella cui melodia principale, quella riconoscibile in apertura di brano, rivivono, in maniera semplicemente assurda, i Pokémon, quelle simpatiche creature rese celebri da una fortunata serie di videogiochi, che però poco hanno a che fare con i Blind Guardian. Somiglianze improbabili a parte, Carry The Blessed Home non si evidenzia per nulla di assai particolare, se non per via del solito, superlativo, André e della sua sei corde. Comunque sia, la traccia resta una piacevole dimostrazione dell’eleganza posseduta dai bardi nello scrivere canzoni dolci ed armoniose. Another Stranger Me, disponibile per l’ascolto sul MySpace del complesso tedesco, non riesce a bissare il buon risultato ottenuto con Otherland e Turn The Page, pur rimanendo uno dei punti salienti di A Twist In The Myth. Ad emergere è finalmente un Hansi Kürsch estremamente ispirato, grazie al quale il brano acquista spessore e consistenza. Il cantante, protagonista assoluto di quasi cinque minuti formidabili, dà il meglio di sé, esibendo uno stile mai piatto o monotono. Another Stranger Me è di fatto uno dei pezzi più diretti dell’album e basta quindi poco tempo per apprezzarne l’equilibrio sonoro, epiteto questo forse meno adatto ad una traccia come Fly, la quale appunto peccava di un certo contrasto musicale.
Gli specchi sembrano essere oggetti ricchi di fascino per i Blind Guardian, visto un titolo come Straight Through The Mirror. Dietro ad un nome forse poco originale si nasconde in realtà l’ennesima gemma di un lavoro che non finisce di stupire. Le canzoni di A Twist In The Myth non hanno certamente una durata eccessiva e, probabilmente, non si tratta di una semplice casualità. I sette minuti di Imaginations From The Other Side sono ormai un lontano ricordo. I Blind Guardian del 2006 prediligono, alle classiche composizioni prolisse, brani che nel loro dna hanno piuttosto un fervore inaudito. Straight Through The Mirror, con le sue accelerazioni indiavolate sostenute da basi ritmiche impeccabili, ne è una chiara dimostrazione. I ritornelli sono di facile presa, ma non per questo scontati o banali, mentre le chitarre si tuffano nuovamente nel passato per ripescare dei riff veramente azzeccati. Il risultato di una tale unione non può che essere immenso, come immensa è per l'appunto Straight Through The Mirror. Leggere il titolo della track numero sette di A Twist In The Myth mette una certa apprensione; già perché Lionheart è anche una delle canzoni più noiose mai scritte dai Saxon e la loro recente esibizione all’Evolution Festival lo ha confermato a chi aveva ancora dubbi a riguardo. La maledizione del cuore di leone non sembra però aver colpito la band teutonica, la quale infatti regala ai propri fan un altro ottimo brano, in grado di far dimenticare in un baleno i lamenti del vecchio Peter Byford, che pericolosamente erano tornati a farsi sentire in una mente già in preda alla disperazione.
Terminato un pezzo nel quale venivano combinate intelligentemente melodie orecchiabili e raffinate con un drumming poderoso, se ne apre uno capace di catturare l’ascoltatore, riportandolo nel castello medioevale laddove aveva banchettato in precedenza sulle note di Turn The Page. Con il suo calore emotivo, Skalds And Shadows riscalda una grande sala, addobbata a festa, dove scaldi e giocolieri intrattengono una corte di dame, principi e cavalieri. Rispetto alla versione acustica proposta sul singolo, vengono aggiunti alcuni arrangiamenti orchestrali, fronzoli di poco conto insomma, che, grazie al cielo, non rovinano una composizione degna di raccogliere l’eredità lasciata dall’indimenticabile The Bard’s Song. La coppia incaricata di chiudere l’album, ovvero The Edge e The New Order, si contraddistingue per una pesantezza poco incline al tradizionale sound di casa Blind Guardian. Inoltre, la vicinanza dei due pezzi nella tracklist fa in modo che la sensazione di durezza eccessiva si accentui notevolmente, quasi a voler tracciare un capitolo a parte all’interno di A Twist In The Myth. In The Edge vengono sottolineate le abilità tecniche del nuovo arrivato Frederik Ehmke, il quale, soprattutto in apertura di brano, sfodera il meglio del suo repertorio, andando a sferrare con la sua doppia cassa vere e proprie martellate sonore. The New Order, invece, propone soluzioni meno violente ed alterna spesso frazioni orecchiabili a taglienti rasoiate chitarristiche. Nel complesso quest’ultima appare quindi più avvincente rispetto a The Edge, con la quale comunque condivide una sezione ritmica ancora una volta ineccepibile.
Dopo poco più di cinquanta minuti si chiude A Twist In The Myth, un album atteso a lungo da parte di fan e stampa specializzata. Che dire? Sinceramente, dopo un lavoro mediocre come A Nigth At The Opera, un ritorno del genere era una semplice speranza, nulla più. I Blind Guardian hanno però stretto i denti e, nonostante l’abbandono di Thomen Stauch, sono riusciti nel difficile compito di tornare a stupire senza per questo rinunciare a quella grinta che rese grandi Imaginations From The Other Side e Nightfall In Middle-Earth. Più che di un banale passo indietro, A Twist In The Myth è figlio di una nuova tappa evolutiva all’interno della carriera della band tedesca. Pur dimostrandosi maturo, ad esclusione di qualche capitolo un tantino ingenuo ed acerbo come Fly, e godibile, A Twist In The Myth lascia intravedere, incredibile a dirsi, ampi margini di miglioramento da parte di un gruppo, i Blind Guardian, che ha ancora molto da dire, e non soltanto in ambito Power Metal.