- Johan Lindstrand - Voce
- Robert Axelsson - Basso
- Mikael Lagerblad - Chitarra
- Pekka Kiviaho - Chitarra
- Marek Dobrowolski - Batteria
1. Killing Machine
2. Devil on the Red Carpet
3. Public Enemy No 1
4. No Apparent Motive
5. Hell Is for Heroes
6. When Hatred Comes to Life
7. So Grim So True So Real
8. Behind the Church
9. Branded by Iron
10. Bulldozer Frenzy
11. The Sweetness of Black
12. Mary’s Raising the Dead
21th Century Killing Machine
In assoluto una delle band più eclettiche dell'ultimo anno discografico. Poche parole bastano per definire i One Man Army & The Undead Quartet: basta leggere la biografia presente sul sito e condita da ampie dosi di "shit" e "fuck" per capire di avere a che fare con un gruppo senza tanti fronzoli e con una spiccata ironia. Infatti proprio questi sono gli elementi che più si distinguono nel disco e il tutto ci diventa più chiaro quando scopriamo che alla voce si trova Johan Lindstrand, ovvero il cantante dei The Crow.
Per chi per la prima volta sentisse questo nome, è doveroso far sapere che i The Crow sono stati una delle centinaia di band di Tomas "Tompa" Lindberg nonchè uno dei gruppi più particolari della spesso inflazionata scena death melodica svedese. Band che si è sempre divertita a mischiare elementi heavy metal, speed, hard-core e death in una formula accattivante e divertente. E' scontato quindi che questo modo di fare sia stato ripreso anche dai One Man Army & The Undead Quartet.
Anche dal punto di vista strettamente musicale il tutto ricorda molto il vecchio quintetto di Lindstrand: un death metal melodico non molto fantasioso o complesso, ma d'impatto, diretto e comunque ben suonato. Un album gustoso, un ascolto facile è soddisfacente capace di regalare una mezz'oretta di buon metal. La voce sporca, ma mai troppo distorta, di Lindstrand poi è perfetta, molto varia anche se ancorata agli stilemi del genere. Inoltre si percepisce una forte base Thrash che aumenta la presa delle canzoni sull'ascoltatore. E' sicuramente il caso dell'opener Killing Machine, sorretta da un riff potente e quadrato, semplice e facilmente memorizzabile. Il disco in generale poi si assesta su velocità più da mid-tempos, come dimostrano Devil On The Red Carpet, che nel ritornello presenta elementi quasi industrial, e Hell Is For Heroes, senza dimenticare le belle sfuriate in stile At The Gates come No Apparent Motive. Sempre presente poi una bella dose di melodia che sfocia a volte in trovate quasi elettroniche (When Hatred Comes To Life).
Insomma, un album se non fondamentale o innovativo, quanto meno degno di essere considerato come una delle migliori uscite del 2006. Ottimo da ascoltare e capace di trasmettere una buona carica. Sicuramente farà il piacere di chi è cresciuto con i dischi di Tomas Tompa Lindberg e in generale di un certo modo 'core di suonare death melodico. Ma anche chi di solito non mastica questo genere può comunque soddisfare le proprie orecchie con le dodici tracce di questo 21th Century Killing Machine.