- Derek Davis - voce, chitarra acustica
- John (Jones) Mathews - chitarra, tastiere e cori
- Robb (Rob Ya Blind) Reid - basso e cori
- Jamey Pacheco - batteria
- Ron Freschi - chitarra e cori
1. I'm No Good For You
2. Back Street Girl
3. Tears
4. Don't Ask Questions
5. Do You Want It
6. Just Another Face
7. She Likes To Give It
8. Too Much Too Young
9. When I'm Gone
10. Hear My Heartbeat
11. Bad Mistake
12. Last Time For Love
In The Beginning
Non sono certo gli ultimi arrivati questi californiani, formatisi nel 1986 e forti di un contratto con la Arista Records fortemente voluto dal presidente della stessa label Clive Davis, i Babylon A.D. sono in circolazione già dal 1990 con l’omonimo debutto, e dopo esser passati sotto la Apocalypse e la Perris sono adesso giunti alla loro quinta release che segue a ben sei anni di distanza l’ultimo lavoro American Blitzkrieg. Capitanati dal vocalist e songwriter Derek Davis, i Babylon A.D. riprendono lo stile dei vari Led Zeppelin, Aerosmith, UFO e Montrose, proponendo un Hard Rock orecchiabile e di facile assimilazione, con un piglio commerciale, ma comunque ricco di appeal e passaggi al limite dell’AOR che rendono questo CD adatto a far da colonna sonora ad un film ambientato nelle assolate spiaggie della California o della Florida. Da un punto di vista squisitamente tecnico non si può non elogiare il bel lavoro delle chitarre di Ron Freschi, come anche di John Mathews che però alterna la sua presenza tra chitarra e tastiera, mentre il drumming del veterano Jamey Pacheco ed il basso di Rob Reid, come spesso avviene in lavori del genere, si limitano a svolgere il loro compito senza strafare ma con la capacità di incidere in maniera decisiva e costante sulla buona riuscita del lavoro di gruppo.
L’opener I’m No Good For You viene aperta da un riff elettrificato, che ci accompagnerà per tutto il brano, e si snoda su strofe e refrains melodici e di gran classe ben interpretati dalla voce graffiante di Davis, ed anche Back Street Girl risulta essere un gran bel pezzo, basato sempre su strofe preparatorie pronte a sfociare in un bel chorus ruffiano ed orecchiabile che vi costringerà a canticchiarlo per tutto il giorno, proseguendo con l’arpeggio e l’apparente calma di Tears, presto pronta a tramutarsi in un coinvolgente e fascinoso Hard melodico con un bel chorus, un notevole quanto piacevole intermezzo strumentale ed una grande interpretazione del singer. Si riprende con Don’t Ask Questions, bellissimo pezzo dalle venature AOR e dalla linea melodica fantastica, con un Pacheco pressoché perfetto ed il solito grande Davis a dar vita ad un brano da brividi, più grezzo ma sempre di gran classe invece l’Hard n’ Roll di Do You Want It con un chorus che acchiappa fin dal primo ascolto, ed anche Just Another Face è un altro bel brano AOR-oriented aperto da un bell’arpeggio, con melodie e refrains sempre azzeccati e vincenti, mentre una pregevole apertura di basso ci conduce a She Likes To Give It, dove la cangiante voce del singer ci regala un’interpretazione più aggressiva e graffiante. Ancora un brano dalle forti tinte AOR, Too Much Too Young, anche questo un pezzo di immensa classe compositiva ed esecutiva e con il solito chorus che ti si stampa immediatamente in mente, mentre un soave e sommesso arpeggio accompagnato dal soffio del vento in sottofondo ci porta a When I’m Gone, semi-ballad dal forte appeal, emozionante e coinvolgente, e con un refrain iper-melodico da brividi, tocca poi alle pur buone ma più modeste Hear My Heartbeat e Bad Mistake, esempio quest'ultimo di Hard tipicamente americano sostenuto dal drumming efficace di Pacheco, ed infine la conclusiva Last Time For Love, che termina il platter in maniera eccelsa riassestandosi sugli alti livelli qualitativi presenti su tutti i dodici brani proposti.
Basteranno appena un paio di ascolti per lasciarsi trasportare dalla bellezza di In The Beginning, album che non conosce cali ispirativi e che riesce a mantener sempre vivo e costante l’interesse dell’ascoltatore, proiettandolo in un Hard melodico, di classe e facile presa, che non rappresenta certo nulla di innovativo, ma che ha il merito, non indifferente, di farsi ascoltare tutto d’un fiato e di riprendere i grandi fasti del melodic Hard degli 80’s.