- Mike Tramp - voce
- Vito Bratta - chitarra
- James Lomenzo - basso
- Greg D'Angelo - batteria
1. Goin' Home Tonight
2. Dirty Woman 3. Little Fighter
4. Broken Home
5. Baby Be Mine
6. Living On The Edge
7. Let's Get Crazy
8. Don't Say It's Over
9. If My Mind Is Evil
10. Radar Love
11. Cry For Freedom
Big Game
I White Lion dopo il successo ottenuto da Pride, riprendono da dove erano rimasti, puntando sempre su un Hard Rock fatto di linee melodiche dolci, romantiche e graffianti che rappresentavano i clichès propri della scena Glam/Hard Rock di quel periodo. Così nel 1989 viene pubblicato, sempre dalla Atlantic, il terzo album di questo gruppo che porta il titolo di Big Game, facendo affidamento su una line-up finalmente stabile e quindi maggiormente affiatata e sulla curata produzione di Michael Wagener, tutte cose che facevano ipotizzare l'ennesima grande uscita del combo americano. Ma purtroppo ai buoni presupposti ed alle aspettative createsi non seguì affatto una release che potesse continuare il successo e tutto ciò che di buono Tramp e Bratta erano riusciti a fare con i due precedenti album. Infatti ci si allontana fin troppo dall'Hard n' Heavy e dal Class Metal del debut Fight To Survive, puntando invece su canzoni che alla fine risultano troppo melodiose e prive di grinta e mordente, a parte naturalmente qualche piacevole episodio, come ad esempio la bellissima Don't Say It's Over, che per merito soprattutto delle distorte schitarrate del solito Bratta si assesta su livelli qualitativi ottimi, come ottima è la conclusiva ballad Cry For Freedom, interpretata magistralmente con enfasi e trasporto da Tramp, ed anche il Rock energico di Radar Love, aperta da un rombo di motori, regala all'ascoltatore un momento di piena goduria. Molto apprezzata fu anche l'altra ballad Broken Home, che tuttavia non considero all'altezza della gloriosa produzione dei White Lion, proprio perchè mi sembra venga abbandonato quello stile degli esordi per virare verso lidi pop-radiofonici troppo melodiosi e mielosi. Decisamente meglio il mid-tempo iniziale di Goin' Home Tonight, energica anch'essa ed eseguita veramente bene con una buona sezione ritmica ed i notevoli solos del chitarrista che ancora una volta si dimostra tra i migliori nel suo campo, apprezzabile anche Little Fighter, pezzo rockettaro che punta tutto sulla bravura del solito Vito nel maneggiare la sua sei corde. Gran parte di ciò che resta purtroppo si assesta su livelli qualitativi piuttosto medi e modesti, facendo di Big Game, a mio modesto parere, l'album meno riuscito dell'act statunitense.
Forse quest'album viene meno proprio dove i suoi predecessori avevano il loro punto di forza, e cioè nell'eccessivo uso, o abuso, di pezzi lenti e melodici, di linee melodiche dolci ed orecchiabili che però rischiano troppo spesso di sfociare, come detto, in una sorta di pop radiofonico, perdendo però in grinta e mordente, caratteristiche che avevano fatto dei due precedenti lavori autentici capolavori. Il Leone Bianco quindi non riesce a graffiare col suo terzo album, che comunque, come dicevo sopra, presenta in ogni caso momenti degni di nota che salvano l'album dalla mediocrità portandolo ad una piena e meritata sufficienza.