- Zack Daniels - voce e chitarra
- Ian Marshall Knox - basso
- Jon Bent - chitarra
- Lynyrd DeVille - batteria
1. Kari Baby
2. In It For The Money
3. Liquor Store Girl
4. Beard Garden
5. The Bitch Is Back
6. Midnight Fever
7. Gone
8. Ain't Lookin' For Love
9. She's Got The Ace
Stampede Queen
Secondo album per i canadesi Stampede Queen che, dopo A Night At The Cockfights, tornano adesso con questo nuovo lavoro self-titled, dove mostrano il loro Rock selvaggio e grezzo, semplice e senza troppe complicazioni, fortemente intinto di Blues e di influenze settantiane. Pare che il loro nome derivi da una tradizione popolare della loro città d’origine, Calgary, dove ogni anno in occasione del rodeo viene incoronata una reginetta, la “stampede queen” appunto, da qui l’idea dei quattro canadesi di definirsi in un modo che mettesse in vista la loro essenza più kitsch e selvaggia, tanto che il loro intendo primario è proprio riproporre quello che loro considerano non solo uno stile, ma un vero e proprio comandamento di vita, cioè “Sex, drug & Rock n’ Roll”. A tenere le redini di questa band sembrano in particolare, il cantante e chitarrista Zack Daniels, in possesso di una voce calda e bluesseggiante, ed il bassista Ian Marshall Knox, cha da dietro le quattro corde del suo basso si diletta in un lavoro davvero eccellente, come si può ben capire facendo scorrere questo CD.
I battiti della batteria di Lynyrd Deville aprono l’album introducendoci a Kari Baby, bel pezzo Rock energico e selvaggio, da rodeo proprio come impone il loro nome e con un chorus pregevole in cui si dilettano tutti i componenti del gruppo, continuando su questo sentiero con le successive In It For The Money e Liquor Stone Girl, quest’ultima in possesso di un’indole Blues, dove ciò che più si nota ed apprezza è l’ottima e calda interpretazione del singer e quello stile da “saloon, rodeo e Harley Davidson” che rende la loro proposta differente da quasi tutto ciò che si trova attualmente in circolazione, nonostante in alcuni frangenti le influenze del Rock degli anni ’70 siano ben evidenti. I testi sono spesso duri e cattivi, allontanandosi così, come anche nelle sonorità, dai testi più festosi e dal sound più frizzante e brioso di gruppi come Kiss, AC/DC ed Aerosmith, che tanto avevano inciso sul loro primo lavoro, ed il loro Rock n’ Roll in puro stile 70’s diventa lampante nei brani centrali di questo CD, come Beard Garden, The Bitch Is Back e Midnight Fever. C’è comunque una certa omogeneità un po’ su tutto l’album, che rischia però di diventare monotona, anche se, come naturale che sia, possiamo assistere a spunti più interessanti, come in Midnight Fever, e a momenti meno significativi, come avviene in The Bitch Is Back, dove si verrà investiti da una certa sensazione di sentito e risentito, inoltre nonostante i buoni propositi e una buona tecnica i canadesi non riescono del tutto a scrollarsi da dosso quello standard qualitativo medio, che interessa poi molte attuali rock bands, in pezzi come Ain’t Lookin’ For Love e She’s Got The Ace, mentre più bella risulta la lenta Gone, il cui arpeggio iniziale e la sua bella linea melodica ci mostrano soluzioni che, pur ricordando i grandi dei 60’s come Beatles e Rolling Stones, riescono però a mantenersi vive ed attuali.
Stampede Queen è in definitiva un buon album che ci lascia però non del tutto soddisfatti, e soprattutto rimane la sensazione che questi quattro canadesi avrebbero potuto offrirci un lavoro di qualità superiore, avendo tutte le credenziali per potersi distinguere dalla marea di bands emergenti che attualmente popolano il ricco ed eterogeneo mercato discografico, e potendo loro puntare peraltro sul lavoro e sulla supervisione dell’ottima Perris Records, sempre più impegnata e presente sulla scena Hard Rock. Peccato, un’occasione sprecata per il salto di qualità, speriamo bene alla prossima.