- Jim Morrison - voce
- Ray Manzarek - pianoforte, Hammond
- John Densmore - batteria
- Robby Krieger - chitarra
1. Break on Through (to the Other Side)
2. Soul Kitchen
3. Crystal Ship
4. Twentieth Century Fox
5. Alabama Song (Whiskey Bar)
6. Light my Fire
7. Back Door Man
8. I Looked at You
9. End of the Night
10. Take It as It Comes
11. The End
The Doors
The Doors, il primo capitolo di un’avventura appassionante, commovente, drammatica e tristemente conosciuta, quella della storia del quartetto statunitense e del suo simbolo, il celebre Jim Morrison.
Trasgressione e ribellione: queste le due parole chiave della innovazione Doors, un Rock che cerca di ottenere una propria anima e una propria dignità davanti al pubblico americano, scosso dalla nuova corrente psichedelica.
Vera poesia scorre nei testi di ciascuno degli undici brani di The Doors, diventati l’emblema più vivo del Rock mondiale: l’album dà la prima svolta al genere e pone le basi per tutti gli sviluppi successivi. L’anno in cui fu pubblicato, il 1967, a sua volta rappresenta una generazione di giovani, desiderosi di poter esprimere il proprio pensiero liberamente e di poter contestare l’operato delle nazioni in materia politica e sociale.
In ogni canzone della formazione statunitense sono ricercabili diversi argomenti di fondo, come il tema dell’amore, della solitudine, della depressione, del sistema che controlla la ragione dell’individuo, della voglia di trasgredire. I Doors influenzarono il movimento hippy che si originò dal 1967, infiammarono milioni di fans con il loro Blues malinconico e ricco di espressività, con le trovate musicali geniali e inedite, con la loro moderna apertura mentale.
Ingiustamente però i Doors sono spesso considerati l’unico gruppo degli anni ’60-’70 legato alla vita sociale dei giovani, la sola colonna portante del Rock psichedelico e della contestazione; vengono perciò posti nel dimenticatoio i grandi Jefferson Aiplane di Surrealistic Pillow e gli straordinari Grateful Dead di Anthems of the Sun. I Doors non furono i capostipiti, ma contribuirono insieme alle altre due bands a formare culturalmente le nuove generazioni di studenti e di musicisti travolti dall’ondata Rock-Blues americana.
Inutile commentare i pezzi di The Doors, poiché ormai sono parte di noi stessi, essendo stati riproposti da famosi artisti internazionali in numerose versioni diverse e avendo ricoperto un ruolo principale nella cinematografia per descrivere al meglio la fine degli anni ’60.
Dagli urli liberatori di Jim in Break on Throught (to the Other Side) all’Hammond emozionante di Soul Kitchen, fino all’atmosfera mesta e composta della toccante The Crystal Ship, che trasporta l’ascoltatore in meandri ancora inesplorati. E se il Blues di Twentieth Century Fox appassiona per le scale vorticose e gli accordi fugaci, Alabama Song (Whiskey Bar), ballata statunitense riadattata in stile Doors strappa un sorriso per il suo ritmo altalenante.
Sorvolando Light my Fire, immagine indelebile della produzione Morrison e della passione che pervade ogni composizione dei Doors, si giunge così alle brevi tracce finali di passaggio, come Back Door Man, I Looked at You, la cupa End of the Night e la melodica Take It as It Comes.
L’episodio conclusivo del full-lenght segna il termine del viaggio nella nuova dimensione psichedelica del quartetto; si sviluppa in ben undici minuti la canzone dal testo più introspettivo, triste e ricercato, dall’atmosfera sognante e a tratti commovente, dal motivo più trascinante e dalla voce determinata e calda al tempo stesso: The End.
Un manifesto rivoluzionario del nuovo Rock, un’opera che ha saputo e sa ancora raccontare con precisione un’epoca ormai lontana, che non ritornerà mai più: solo così può essere definito The Doors, che, dopo quasi quarant’anni, non cessa di attirare nuovi fans dal mondo e conserva il suo ruolo di album innovatore e al passo con i tempi. Perciò non ci sarà mai un The End per il primo capolavoro di Jim Morrison, sì grande musicista, ma anche fenomeno sociale e riflessivo poeta.