Esclusiva intervista di RockLine.it al celebre Mick Box, mente degli Uriah Heep, che si sofferma sul passato della band ripercorrendo cronologicamente le tappe della propria carriera e dando anche spazio alle curiosità che interessano la band sin dalla sua nascita...
J.A. - Ciao Mick, grazie per questa intervista. Devo dire che ammiro la tua passione per il gruppo degli Uriah Heep, del quale sei membro da quasi quarant'anni! Come hai fatto?
Mick - In un certo modo il gruppo fu una mia creazione quindi lo vidi sempre come un figlio nel quale mettere impegno, cuore e anima. Anche quando si arrivò vicinissimi a scioglierlo, e a me veniva suggerito di intraprendere una carriera solista, mi sembrò sempre che andando avanti con la band sarei in qualche modo riuscito a tenere in vita l’eredità del lavoro di gente come David Byron e Gary Thain, due miei cari amici che non ci sono più. Inoltre ricevevo tantissime lettere da gente che mi diceva come la musica degli Uriah Heep li aveva aiutati nei momenti difficili della loro vita, dato che la nostra musica è molto positiva, e poi c’erano anche giovani fans i quali mi raccontavano di avere appena scoperto gli Heep e non volevano che ci sciogliessimo. Queste sono le tre ragioni per cui sono andato avanti fino ad adesso.
J.A. - Sei stato l’unico membro costante degli Uriah Heep dall’anno di fondazione, il 1969. Potresti descriverci a grandi linee le varie vasi di evoluzione della band?
Mick - Penso che la qualità dei musicisti e cantanti che hanno fatto parte del gruppo sia stata altissima. In questo modo si è riusciti a passare tra le varie lineup senza discostarsi troppo da quello che musicalmente fossero gli Uriah Heep nel 1970. I nostri marchi erano i cinque cantanti solisti (il che vuol dire che usavamo le voci come degli strumenti), l’organo Hammond e infine la mia chitarra Wah Wah, tutto quanto applicato a buone canzoni di rock melodico con testi intelligenti. Questo fu sempre il modello UH indipendentemente da chi venne e chi se ne andò.
J.A. - Che cosa cambiò nello stile degli Uriah Heep quando nel 1976 David Byron fu sostituito da John Lawton alla voce?
Mick - David sarebbe sempre stato difficile da rimpiazzare, data la sua voce emotive e un carisma che avrebbe potuto riempire il più grande stadio del mondo. Tuttavia, quando John entrò negli UH portò con se uno stile di voce molto diverso, ma anche molto potente. Non sarebbe mai stato facile, ma avemmo comunque diversi successi con John come cantante, specialmente in Germania.
J.A. - Dal 1986 la lineup è sempre stata la stessa. Come mai Lee Karslake, il batterista, ha lasciato il gruppo quest’anno?
Mick - Lee ha avuto dei problemi di salute che avrebbe dovuto risolvere, e con il programma di impegni degli Uriah Heep di quest’anno non sarebbe mai riuscito a ricevere l’aiuto che gli serviva. Quindi abbiamo deciso che questa sarebbe stata la cosa migliore da fare, dato che senza la salute non si ha niente. Adesso ha tempo per curarsi e tornare il Lee di prima.
J.A. - Con quali, fra i tanti musicisti con cui hai suonato, hai trovato più affinità, o con i quali hai potuto esprimerti meglio?
Mick - Ho lavorato molto bene con Lee Kerslake, David Byron, Gary Thain e Phil Lanzon, date le loro abilità compositive.
J.A. - Hai mai partecipato a side projects, o intrapreso progetti solisti? Potresti parlarcene?
Mick - Non ho mai abbastanza tempo per progetti solisti o side projects, visto che gli Uriah Heep sono abbastanza pieni di impegni. Passo ancora molto tempo in ufficio a preparare i tour quando non siamo in tour! Poi lo scrivere canzoni mi toglie parecchio tempo libero, e infine c’è anche la famiglia da considerare. Quando non lavoro con o per il gruppo sono sempre con la mia famiglia e cerco di passare bene il poco tempo che ho con loro.
J.A. - Il vostro primo lavoro Very ‘eavy… Very ‘umble non ebbe molto successo, mentre adesso è ritenuto un album importante. Perché, secondo te?
Mick - Credo che alla stampa inglese l’album non piacque molto. Al tempo nello UK la scena musicale stava cambiando dall’hard rock al folk rock, con artisti come Bob Dylan che cominciavano ad usare le chitarre elettriche. Noi arrivammo alla fine di questo cambiamento con grande pubblicità, e la stampa pensò “No, non un altro!”. In ogni caso non fu proprio una disfatta, perché nonostante la stampa fosse ostile, questo ci diede un seguito tra la gente. Più tardi quindi l’album ricevette il rispetto e la considerazione che meritava.
J.A. - Salisbury è forse l’album più importante della vostra carriera. La title track è ottima secondo me! Come la componeste? So che impiegaste un’orchestra, forse la prima nella storia del rock. Inoltre, perché decideste di usare un carro armato per la copertina?
Mick - Stranamente ancora tante persone mi dicono che Salisbury è il loro album preferito. La musica fu scritta in un pub a Chiswick London dove eravamo soliti provare. Volevamo scrivere una canzone che non fosse stretta fra le barriere della canzone pop da tre minuti. Volevamo solo che la musica ci portasse tra i vari e diversi umori. Fummo ispirati da un’esperienza che ci capito a Salisbury, una cittadina inglese. Essa è una città militare, quindi usammo il nome della città come titolo per parlare dell’incidente, mentre il carro armato in copertina fu una scelta ovvia. Inoltre, erano i tempi in cui gli hippy protestavano contro la guerra, e all’interno della copertina potete vedere un carro armato che passa sopra un fiore, un’immagine molto impressionante.
J.A. - Che argomenti vi piace esplorare nei vostri testi? Ho notato che sono presenti vari temi, da quelli fantasy, alle donne ecc. Inoltre, chi ne scrive la maggior parte?
Mick - I testi vengono scritti in vari modi. Noi avemmo successo con testi fantasy che catturavano l’immaginazione e fummo i migliori in quel campo. Inoltre, i testi arrivano dalle esperienze che uno fa nella vita, e ovviamente noi viaggiamo molto e conosciamo tante culture e altre cose grandiose che alla fine fanno capolino nella nostra musica o nei nostri testi. Ken Hensley scrisse molti dei vecchi testi, mentre al giorno d’oggi vengono scritti da Trevor Boldere, Phil Lanzon ed io.
J.A. - Vuoi parlare del nuovo album, il quale secondo il vostro sito sta per essere pubblicato? Come mai avete aspettato dieci lunghi anni a dare un seguito a Sonic Origami?
Mick - Il cd è stato registrato, mixato ed è quindi pronto. Stiamo solo aspettando che la casa discografica ci fornisca una data per la pubblicazione. La ragione perché ci abbiamo messo così tanto è perché non eravamo soddisfatti della promozione di Sonic Origami e ci sono voluti due anni per finire il contratto perché non eravamo sicuri che non ne avremmo voluto firmare un altro. Poi arrivò l’internet e l’industria musicale andò in caduta libera. Cercarono di attaccare l’internet ma era la cosa sbagliata da fare e quindi dovettero abbracciarlo. Purtroppo per far questo ci volle tempo, e tante etichette chiusero o si unirono. Non ci sarebbe stato spazio per un comeback degli Uriah Heep prima che la polvere non si fosse risistemata.
J.A. - Quanto hai contribuito alla composizione delle nuove tracce? Invece in passato, come venivano composte le canzoni?
Mick - Ho scritto otto delle nuove tracce assieme a Phil Lanzon. Invece il materiale anteriore lo scrivevo con David, Lee o Gary.
J.A. - Solitamente, a Novembre a Londra, alla fine dei vostri tour mondiale, partecipate al Magician’s Birthday Party, chiamato così dal vostro album del 1972. Potresti parlarcene? Come vi è venuta quest’idea?
Mick - E’ un’idea di Bob Caruthers, il proprietario di un’etichetta Classic Rock la quale aveva pubblicato dei nostri DVD live. Era qualcosa per i fan: ora è finita, ma chissà, forse ce ne saranno altri.
J.A. - So che date particolare attenzione ai vostri concerti live, che sono sempre tanti e toccano tutta l’Europa e non solo. Quest’anno sarete in Italia il 31 Luglio, come scritto sul vostro sito. Che cosa suonate di solito ai vostri concerti? Dove vi piace suonare, in posti al chiuso o all’aperto? Preferite i festival, o i vostri concerti? Qual è il pubblico migliore per voi?
Mick - Noi trattiamo tutti i pubblici ugualmente. Essi ricevono il 100% dal gruppo indipendentemente dal suonare in un club, in una palestra, su un campo da calcio, ad un festival, ad un rodeo, in una piazza, in una chiesa o in un teatro. Nel concerto italiano abbiamo avuto tantissimi problemi con la preparazione del concerto, e con gli strumenti giusti per suonare. Fu comunque un successo, e in quell’occasione suonammo sia canzoni classiche che alcune canzoni dagli album più recenti.
J.A. - Allora Mick, questa è una domanda per gli altri chitarristi che avranno modo di leggere quest’intervista. Le solite cose: le tue influenze, i tuoi stili preferiti, i chitarristi che ti piace di più ascoltare, e infine che cosa ascolti più spesso! Pensi di aver influenzato il modo di suonare nel mondo del rock? Sicuramente siete considerati tra i primi gruppi a comporre delle “epic”.
Mick - Mi dicono spesso che ho indotto molta gente ad imbracciare una chitarra, e questo è il miglior complimento che mi possa essere fatto. Il mio chitarrista preferito è Jeff Beck. Mi piace il rock, il jazz, il folk e un po’ di blues. Credo di essere troppo felice per suonare il blues.
J.A. - Cordiali saluti allora, e grazie per l tuo tempo. Ti auguro un ottimo futuro con gli Uriah Heep, e spero di vederti un giorno. A presto, e buon soggiorno in Italia per quando sarete qui! Grazie!
Mick - Ciao!