Rara realtà del panorama Ska italiano, capace di divenire accessibile al pubblico europeo, i veneziani Talco sono giunti al terzo album di studio, Mazel Tov. A soffermarsi su quest'ultima pubblicazione e sulla storia della formazione è il batterista Nicola Marangon, che rilascia un'intervista a RockLine.it prima di intraprendere il tour che vedrà i Talco sui palchi di tutta Europa...
M.G. - Ciao Nicola! Grazie per averci concesso questa intervista. Vorrei partire con una domanda riguardante la vostra storia: come hanno iniziato il loro percorso musicale e come è nata l'idea dei Talco?
Nicola - Ciao a tutti e grazie a voi.
Il gruppo nasce nel lontano 1999: i primi anni sono caratterizzati da uno Ska Punk immediato e un po' goliardico, e il nome Talco è rimasto a testimonianza di questo periodo. Con gli anni ci sono stati diversi cambi di formazione e del nucleo originale siamo rimasti solo io (Nicola), Tomaso e Emanuele, e abbiamo affiancato al divertimento e alla spensieratezza un'attitudine inevitabilmente più responsabile.
M.G. - Al momento siete considerati la band Ska italiana più affermata in Europa. Come ci si sente ad essere riconosciuti in questo modo?
Nicola - Male. Non siamo una band ska! Scherzi a parte, è un onore.
Non ci piace autoincensarci, suoniamo per divertimento e facciamo tutto in maniera molto spontanea senza spirito di competizione: siamo felici di essere apprezzati soprattutto perchè ci rendiamo conto che il pubblico coglie il nostro messaggio oltre che la nostra musica, una cosa fondamentale dato che nelle nostre canzoni esprimiamo le nostre idee e denunciamo quelli che a nostro parere sono i problemi della società che ci circonda. La musica è il miglior mezzo per far sentire la propria voce, e riuscire a farla sentire anche all'estero nonostante le barriere linguistiche è una conquista importantissima.
M.G. - Durante il vostro tour avete fatti frequenti date all'estero. C'è qualche differenza tra il pubblico straniero e quello italiano, per quanto riguarda la partecipazione al concerto?
Nicola - Penso che il motivo per cui suoniamo molto più frequentemente all'estero piuttosto che in Italia sia la differenza abissale che ha la gente nei confronti della musica. All'estero tutti partono da zero e tutti hanno la possibilità di emergere senza quello stupido spirito di concorrenza che caratterizza invece la nostra povera Italia, ormai in preda a cover band, reality musicali e altre amenità... In Italia ormai conti se hai la pubblicità dalla tua, non se fai effettivamente qualcosa di valido... è tutto in mano all'apparenza, e questa situazione impedisce a tanti gruppi validissimi di ricevere gratificazione.
Ma non credo che i problemi del nostro paese siano dovuti solo alla realtà mediatico-commerciale italiana. Anche nell'ambiente alternativo, come per tutte le cose, ci sono lati positivi e lati negativi. Alcuni centri sociali in Italia hanno iniziato a comportarsi da locali, per esempio: non vedo più gruppi emergenti esibirsi da almeno cinque anni, sento parlare poco dalle mie parti nel Nord Est di manifestazioni culturali eccezion fatta per la legalizzazione delle droghe leggere, come se non ci fossero cose più importanti di cui parlare, in uno stato e in un paese che sta affondando in una mentalità sempre più qualunquista e mafiosa (non nel senso dell'uomo in baschetto armato di lupara, ma nel senso appunto della mentalità del compromesso, dei mezzucci per fregare gli altri, presente in gran parte del popolo italiano, gli apprezzamenti all'attuale governo ne sono la testimonianza). Anche questo è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di dedicare il nuovo album che uscirà quest'estate a Peppino Impastato, in quanto molte delle sue lotte di più di trent'anni fa ammonivano già in questi termini la società culturale italiana. Tornando alla questione della musica alternativa, altri ambienti invece iniziano a chiudersi troppo, non c'è unione tra le realtà antagoniste - per carità non c'è mai stata, ma ora la cosa è più marcata. La musica ne risente. A noi in Italia è successo spesso, poi, di venir strumentalizzati durante i concerti, sia da organizzatori che da frange ridotte di persone, e la cosa non ci è mai piaciuta, perchè non siamo nati per fare i capetti o i demagoghi, siamo un gruppo musicale che vuole esprimere un messaggio personale e basta. Il problema insomma dell'Italia non è solo da rintracciare sui media, ma sull'ambiente prettamente "nostro", a cui continua ad attingere purtroppo una cupola di finti gruppi indipendenti, con cachet da urlo e poco seguito che minano ancora di più l'organizzazione di eventi musicali e culturali. All'estero ad esempio, dal punto di vista economico, funziona che un gruppo ha un "compenso" in base a quanti biglietti sono stati venduti all'entrata: forse è per quello che molte bands iper-pubblicizzate in Italia non osano uscire dai propri confini. Vedo Los Fastidios, Banda Bassotti, realtà certo conosciute in Italia, che all'estero spopolano ugualmente solo per merito della loro umiltà e abilità ma con un riscontro mediatico su fanzine italiane molto minore rispetto ad altre bands in realtà sconosciute... anche i Talco sono famosi all'estero, ma non certo grazie alle televisioni. A mio parere questo significa più apertura, un ambiente più eticamente valido e serio. Questa è la pecca che secondo me attanaglia la musica indipendente italiana.
M.G. - Sempre parlando dei vostri viaggi, c'è qualche aneddoto che vi andrebbe di condividere con noi?
Nicola - Beh qui potremmo iniziare una lista che non finirebbe più! Partiamo da cinque anni fa, un viaggio da Berlino a Lugano che per neve è durato ben 26 ore filate, senza neppure riuscire ad arrivare a destinazione. Continuiamo con il sottoscritto che vomita fuori dal finestrino a 140 all'ora (no comment!) e arriviamo all'ansia da prestazione del Dema, inchiodato in bagno al momento di salire sul palco...devo aggiungere altro?
M.G. - Come descrivereste il salto che avete fatto tra Tutti Assolti e Mazel Tov? Trovate di aver cambiato i vostri tratti musicali tra la composizione di un album e l'altro?
Nicola - Beh, si tratta di un percorso di maturazione personale, musicale e a livello di idee. Ogni disco ripercorre un nostro determinato periodo ma, a differenza di Tutti Assolti che rappresenta una sorta di "best of" dei nostri primi anni di musica, Combat Circus e Mazel Tov sono stati progettati come concept album, l'uno legato all'altro. Sul fatto che entrambi parlino della società che ci circonda a partire dalla crisi di valori della sinitra italiana e non, descritti in chiave più metaforica rispetto a rispetto a Tutti Assolti, abbiamo già parlato molto. Quello che è cambiato tra un disco e l'altro di riflette molto su un disco. Combat Circus per noi era il disco della svolta, quello della maturità e ci siamo buttati in fondo, ma con ancora dei limiti legati anche all'incertezza nelle nostre scelte musicali. Nonostante ciò siamo molto soddisfatti del prodotto. Mazel Tov invece per noi è stato il disco della "speranza"....in effetti pochi mesi prima ci eravamo praticamente sciolti e l'arrivo di Rizia e Ketto non era ancora delineato completamente.....un salto nel vuoto insomma che invece di abbatterci ci ha rafforzato notevolmente. Mazel Tov così è stato un punto di partenza per un nuovo periodo, sicuramente il migliore e inimitabile su tutti i fronti, sia promozionali che perosnali: forse per la primissima volta abbiamo afferrato in fondo il significato della parola complicità e amicizia all'interno di un progetto. E' soprattuto questo il motivo per cui questo periodo è il migliore che stiamo vivendo e per il quale di denota una certa maturità.
M.G. - Avete girato un video musicale con Tuffarolo di MTV: com'è stata questa esperienza?
Nicola - Dopo una brutta scottatura con un cosiddetto "regista" che si era occupato del video di un'altra nostra canzone, siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla professionalità di Giuseppe. Una giornata passata a girare in un tendone da circo, in un'atmosfera calda e accogliente (nonostante la pioggia!) che credo si rifletta nel videoclip. Il lavoro è stato molto puntuale e pensato nei minimi dettagli, nella scelta delle riprese e del montaggio, c'erano idee da parte sua tutte già delineate. Per noi lavorare è stato veramente semplice.
M.G. - Parliamo dell'album Mazel Tov. La parola "Mazel Tov" è una formula di buon augurio: come mai avete scelto questo titolo?
Nicola - Proprio per i motivi che avevo accennato precedentemente, era un augurio a noi stessi, per ripartire da un momento non certo felice e superare le difficoltà che si ponevano di fronte alla nostra strada. Dato che Mazel Tov rappresenta il ritorno a casa del Combat Circus, risulta anche essere un augurio più generale ai meravigliosi paesi che ci hanno ospitato e che portiamo nel nostro bagaglio di esperienze che continua e riempirsi sempre di più.
M.G. - Sempre parlando di Mazel Tov, come è nata la decisione di inserire nell'album degli intermezzi musicali quasi senza voce?
Nicola - Perchè riteniamo che un disco sempre standard, con voce e ritornelli possa alla lunga risultare tedioso, il pezzo strumentale, spesso offre anche uno spunto di calma e rilassamente prima di ripartire...insomma, i pezzi strumentali, offrono un equilibrio senza i quali un disco risulterebbe troppo omogeneo...
M.G. - Domanda di routine: quali sono i vostri progetti futuri?
Nicola - Abbiamo in programma di suonare in nuovi paesi: il prossimo tour estivo toccherà ad esempio la Danimarca e la Russia. Stiamo lavorando anche per il Sudamerica, non è facile organizzare tour da quelle parti ma c'è molta richiesta e speriamo di riuscirci entro breve.
M.G. - Che consigli dareste ad una band emergente che vorrebbe seguire le orme delle realtà più celebri della scena Ska contemporanea?
Nicola - Di solito viene detto: farsi il culo, ecc. ecc...senza pretese, ma in base alla mia esperienza oserei dire: se siete delusi, non fermatevi e suonate all'estero, lì verrete ricompensati e potrete tornare in Italia, magari più avanti...eheh...
M.G. - Grazie mille per l'intervista. In bocca al lupo e a presto!
Nicola - Crepi! Grazie a voi!