Dopo due EP, un album su Midfinger Records e molti concerti in Italia e non solo, il bassista Dario Parmigiani si concede a RockLine.it per raccontarci le novità e i progetti per il futuro degli Outsider...
P.B. - Ciao Dario, benvenuto su RockLine.it! Potresti raccontare brevemente la storia degli Outsider?
Dario - E’ un po’ come quando da ragazzino ti trovi a casa da solo per la prima volta, un sacco di cose che ti avevano incuriosito intorno, e la possibilità di esplorarle con calma in tutte le loro sfaccettature per magari finire in cucina e buttare in pentola le prime 4 o 5 cose che ti passano sotto mano e renderti conto di aver fatto un intruglio che ti piace. Questa è la storia della band.
P.B. - Ormai il vostro album è nei negozi da più di un anno, che riscontro ha avuto?
Dario - Tutte le copie stampate sono state vendute fra negozi e concerti, il riscontro è assolutamente positivo, l’aspetto più interessante è che molti dischi sono stati venduti in tutto il mondo tramite web, anzi devo dire che l’estero ci ha dato veramente un sacco di soddisfazioni sotto l’aspetto dell’interesse generale e la voglia di comprare e conoscere il nostro lavoro.
P.B. - Com'è la situazione in Italia? E' così difficile "sfondare"?
Dario - Il nostro obbiettivo non è legato all’Italia, la nostra musica parla un linguaggio universale, noi parliamo alle persone non agli stati. Il caso ha voluto (vuoi perché cantiamo in inglese, vuoi perché il nostro genere ibrido non è assolutamente di facile collocazione) che molte più persone fuori dall’Italia abbiano recepito, capito ed accolto il nostro messaggio, per questo ovviamente gli sforzi vanno in quella direzione, sia da un punto di vista del live che dello sviluppo dei progetti futuri, non trovo intelligente continuare a calcare una scena dove l’interesse per il live è così sopito. Noi siamo una live band e viviamo di concerti, capirai che continuare a fare live dove i concerti non ci sono e, se ci sono, sono organizzati male risulta quasi umiliante.
P.B. - Le copertine del vostro EP e di Waiting Inside sono delle vere e proprie opere d'arte così come le immagini all'interno del libretto. Chi è l'autore e come lo avete conosciuto?
Dario - Matteo Arfanotti è un vecchio amico, musicista e pittore di indubbio talento. Le sue immagini ci sono sembrate da subito lo specchio dei nostri pensieri: distanti e criptiche. Gli abbiamo dato i provini dei brani (il disco non era ancora ultimato) e lui ha cominciato a disegnare ascoltando i brani; quello che ne è uscito è l’intero artwork del disco, dalla copertina al booklet, passando per le 100 copertine disegnate a mano in tiratura limitata. Me ne è rimasta una ma ti giuro che le avrei volute tenere tutte, il problema è che al primo live (PopEye Festival con Sonic Youth ed Afterhours) le abbiamo esaurite.
P.B. - Come avviene il processo di songwriting? Ognuno porta le proprie idee singolarmente o nasce tutto dalle jam sessions?
Dario - Non siamo una jam band, piuttosto ragioniamo molto sulle cose, e per ragionare c’è bisogno di tempo e calma. Per quanto riguarda Waiting Inside, il nostro primo disco, i pezzi sono stati tutti composti dal nostro chitarrista Jimmy Sillani, lui ha un dono innato per la composizione, nonché una cultura musicale smisurata… Per il nuovo disco stiamo lavorando tutti singolarmente nei rispettivi home studio, si registrano le cose con calma individualmente e poi ci si scambiano le idee tramite files in modo da poter avere tutti le versioni degli altri con le loro idee. Una volta raggiunta una struttura grezza ma definitiva suoniamo i brani in studio e lavoriamo all’affinamento di ognuno, sia dal punto di vista della stesura che dell’arrangiamento. Curiamo sempre ogni aspetto della lavorazione di un brano dalla nascita fino al master, il nostro studio (costruito con anni di sacrifici) ci permette di poter avere sempre ed in ogni momento prodotti qualitativamente validi. Per esempio Let’s Dance è stata realizzata nel nostro Insider Studio ma purtroppo il nostro master suonava troppo diverso da quello degli altri brani, per cui sulla compilation è stato rimasterizzato con una riuscita purtroppo molto inferiore a quella che era la versione originale.
P.B. - La vostra etichetta (Midfinger Records) ha appena pubblicato un cd tributo a David Bowie e voi partecipate con una versione completamente stravolta di Let's Dance. Cosa ci dici a riguardo?
Dario - Non siamo mai stati tipi da cover, tutto qui. Noi abbiamo un modo nostro di comporre che si traduce nel nostro stile, se dobbiamo parlare di qualcosa lo facciamo con un linguaggio che conosciamo e che ci appartiene. Secondo me per una band come la nostra non ha senso fare una cover di Bowie aggiungendo all'originale un distorto o una tastierina. Ha senso tradurre nel proprio linguaggio una composizione per renderla pregna dello stile stesso del gruppo. Alcuni recensori dell’album dicono che il pezzo è troppo stravolto altri che è geniale quindi come vedi le scelte stilistiche personali ed “estreme” suscitano sempre pareri discordanti. Non facciamo musica per leggere quello che scrivono, lo facciamo per necessità.
P.B. - Per quanto riguarda l'attività live ci sono nuove date in programma?
Dario - Il versante del live, dopo un periodo di crisi in cui pensavamo ci fosse solo l’Italia, è rifiorito alla grande, anzi devo dire che al momento è quello da cui arrivano le maggiori soddisfazioni. Alle porte ci sono due importanti tour esteri, a maggio in Germania e per tutto luglio negli USA. Per il momento nulla in Italia, per l’inverno prossimo poi stiamo già lavorando per girare l’est europeo.
P.B. - Quali sono i progetti per il futuro degli Outsider?
Dario - Sicuramente affrancarci dalla tristezza e stasi della scena italiana. Con metodo ed applicazione stiamo aprendo i canali giusti verso contatti esteri molto più inseriti e zelanti (etichette, management…) questo ci terrà occupati per un bel po’ quindi potremmo ottenere due cose principali: date e rispetto. Purtroppo molti musicisti anche bravi nel nostro paese si piegano a condizioni al limite dell’offensivo, andando a suonare in perdita e svilendo all’inverosimile non solo la qualità della loro arte ma anche quella di tutti gli altri colleghi. La situazione va cambiata; bisogna smettere di suonare, bisogna riacquistare dignità per amore della propria arte, reinserire una meritocrazia come all’estero e ripulire dagli avidi giochi di denaro, interessi connessioni la carcassa putrefatta che in molti chiamano scena musicale italiana.
P.B. - Grazie mille per l'intervista e buona fortuna con il gruppo! A te i saluti
Dario - Il saluto è un consiglio a tutti i miei colleghi: per molto tempo siamo stati dietro alle bizze ed alle bugie delle etichette e di tutti quegli “inventati” addetti ai lavori che ogni giorno pretendono di poter dire, giudicare organizzare. Io ho già formulato il mio concetto di successo: vuol dire andare avanti malgrado tutto e tutti, fidandosi solo del proprio giudizio, ridere di chi pretende di sapere e spara solo una miriade di cazzate, essere il giudice di me stesso del mio operato, fidarmi della mia intelligenza e conoscenza, non darmi mai per finito. Produrre, registrare, provinare e spaccarsi la testa sulle cose, ricercare un suono, un disco nuovo, una scintilla… Il resto non conta, non andate a suonare per pochi spiccioli se ritenete che la vostra musica vale di più, solo in questo modo si può sperare che cambi qualcosa. Attaccatevi al computer e state ore alla ricerca di una strada nuova, nel mondo c’è qualcuno pronto a sbattersi veramente per voi, basta non avere paura, sapendo che non ci sono solo queste quattro mura attorno a noi. “Meglio il nulla che una carriera senza dignità.”