A due anni di distanza dall'ultimo Traces of the Past, i The Forsaken, band Death/Thrash svedese concedono un'intervista a RockLine attraverso il chitarrista Patrik Persson, che annuncia anche l'uscita del nuovo album per la fine dell'anno...
P.B. - Ciao Patrik! Come stai? E’ un piacere fare un’intervista con te. Perciò iniziamo con una piccola presentazione del gruppo.
Patrik - I The Forsaken si formarono nell’autunno del ’97 ma sotto un diverso nome (Septic Breed). La prima demo venne pubblicata nel marzo del ’98. La formazione non ha mai subito cambiamenti tranne il bassista e il cantante. Anders raggiunse la band poco dopo che il nostro precedente cantante sparì prima di un concerto! Anders ci aiutò e divenne subito un membro definitivo. Tutto questo nel periodo in cui Michael ci raggiunse per suonare il basso. Poi lasciò la band per il suo compito negli Evergrey, proprio prima della registrazione di Arts of Desolation, e fu sostituito da Stefan “JR” Berg. Così abbiamo tenuto la stessa line-up fino al febbraio 2002. Prima che i The Forsaken si formassero, Nicke suonò in varie band Punk/Hardcore/Grind nella nostra città ma nessuna di queste arrivò a registrare un demo. Anders era anche in una band chiamata Ominous nel momento in cui si unì a noi ma ha lasciato quella band circa un anno fa. Il resto di noi non era in nessuna band importante. Io ero in piccoli gruppi di Death Metal melodico, ma nessuno di loro arrivò a pubblicare qualcosa.
P.B. - Perché avete scelto “The Forsaken” come nome per la vostra band?
Patrik - La band si formò sotto il nome di Septic Breed. Ma solo prima della pubblicazione della nostra seconda demo abbiamo pensato di doverlo cambiare. Non è facile ideare un nome per un gruppo, così consultammo dizionari, guardammo film per ispirarci, ma alla fine scegliemmo il nome The Forsaken che viene dal titolo di una delle canzoni della nostra prima demo. Greed of the Forsaken si chiamava se mi ricordo bene. Pensammo che fosse un bel nome in grado di adattarsi alla musica e ai testi e non trovammo nessun’altra band con questo nome (ovviamente non guardammo così a fondo poiché ci sono copie di altre band chiamate The Forsaken o Forsaken), così decidemmo di chiamarci in questo modo.
P.B. - La critica vi considera una delle più innovative Melodic Death/Thrash Metal band. Sei d’accordo con questa classificazione?
Patrik - No, non proprio. Bene, in qualche modo si, poiché non posso veramente dire che non c’era alcuna band che ci somigliasse quando rilasciammo il nostro primo album. I The Forsaken suonano come molte band, ma non c’è un gruppo che suoni come noi. Io suppongo che la cosa innovativa è ed era il modo con cui combinavamo i due estremi di melodia e brutalità. Non è nulla di spettacolarmente nuovo eppure, abbiamo trovato la nostra piccola particolarità per farci riconoscere.
P.B. - Quant’è cambiata la composizione musicale da Manifest of Hate?
Patrik - Un bel po’. Voglio dire che non è come se fossimo partiti suonando Glam Metal ma c’è certamente un sottile cambio da un album all’altro. Su Manifest of Hate c’erano tutte canzoni veloci con basi sul lato Thrash. Arts of Desolation era, per me, più diviso. C’era una chiara differenza tra le canzoni. Qualcuna era più Death e le altre più Thrash. Su Traces of the Past ci sono più variazioni, specialmente di tempo. Abbiamo scritto una ballata Death Metal in One More Kill. Se questa canzone fosse apparsa su Manifest of Hate sarebbe stata decisamente più veloce alla batteria. Il prossimo album probabilmente mostrerà il cambio più drastico giudicando dalle nuove canzoni che abbiamo finito. Suoniamo sempre come i The Forsaken ma abbiamo sperimentato un po’ più del solito. Non vogliamo essere una di quelle band che pubblicano gli stessi album ancora e ancora. Se non fossimo in grado di procedere su un nuovo terreno musicale, moriremmo sicuramente come gruppo.
P.B. - Hai appena citato il prossimo album che uscirà. A che punto siete con le composizioni? Il vostro ultimo disco è stato scritto nel 2003.
Patrik - Si, stiamo quasi a metà strada per il nuovo album. Abbiamo cinque canzoni finite e moltissime idee e riff che aspettano di prendere forma assieme. Stiamo registrando una demo di tre canzoni giusto per controllare come escono. Tutti i brani sono più vari di prima. Ci saranno due pezzi veloci ma la maggior parte di loro avrà un po’ di tutto. Speriamo di poterlo registrare verso la fine dell’anno, o all’inizio del 2006.
P.B. - Ci puoi dire qualcosa sull’abbandono di Michael Hakansson?
Patrik - Non c’è molto da dire. Se ne andò perché per lui era impossibile stare in due band con gli Evergrey che stavano per riscuotere successo. In realtà si unì agli Evergrey e ai The Forsaken più o meno nello stesso momento. All’inizio era tutto a posto, noi eravamo ancora una demo-band e non avevamo un programma indaffarato. Ma dopo arrivammo ad un accordo per le registrazioni e le cose divennero più complicate. Lui non poteva fare un tour con noi mentre era impegnato con gli Evergrey. Così un giorno mentre ci preparavamo per il nostro secondo album lui chiamò e ci disse come andavano le cose e che era pieno di rimpianto nel lasciare la band. Sospettavamo che questa cosa sarebbe accaduta prima o poi, perciò non fu una grande sorpresa ciò che ci disse. Non erano implicati legami difficili e per questo siamo tuttora amici.
P.B. - Quali sono le vostre influenze più importanti? Cosa pensate di In Flames, The Haunted e Soilwork (le band che sono più vicine al vostro stile)?
Patrik - Non sono sicuro. Veramente non ho sentito nessuno degli ultimi album di questi gruppi. Un vecchio album degli In Flames che mi piace è Clayman ma dopo di questo niente ha attirato la mia attenzione. Hanno cambiato il loro stile e va bene per me, ma non è il mio tipo di musica. Un po’ di più vale lo stesso per i Soilwork. I loro ultimi album mi sono incominciati a piacere di più dopo aver fatto un tour insieme a loro e le canzoni tratte da Natural Born Chaos e Figure Number Five erano suonate veramente bene live e incominciai ad apprezzarli più in sede live che sugli album. Non ho ancora sentito granché dalla loro ultima uscita, credo sia abbastanza buona, ma non è il mio genere. The Haunted? Bene, sono sempre stati una band eccellente sebbene preferisca i primi due album più degli altri. One Kill Wonder non mi pareva così buono ma con Dolving alla voce non c’è limite a cosa possono compiere.
P.B. - Parliamo dei testi. Perché avete scelto delle liriche così dure? Credete veramente in quello che scrivete per la band?
Patrik - Le lyrics ora sono scritte da Anders e si, lui è convinto al 100% dei suoi testi. Sono astratti in qualche modo ma spesso lui pone argomenti materiali e terreni dietro le lyrics. Anders prende ispirazione da libri, film, notizie e qualche volta dai suoi pensieri. Le lyrics si adattano alla perfezione alla musica. Qualche gruppo ha un più diretto approccio socio/politico ma questo non è mai stato il nostro stile. Noi non vogliamo tenere lezioni alla gente ed è per questo che le nostre liriche sono neutrali. Non dicono cos’è giusto o cos’è sbagliato perché non c’è giusto e né sbagliato. Questo concetto è stato creato dall’uomo ed è differente per ogni persona sul pianeta. La gente che fa esplodere bus o treni pieni di persone è probabilmente convinta che stanno facendo cosa è “giusto” e lo stesso vale per il lato opposto.
P.B. - Dopo le ultime date, state pensando ad un tour o ad una pausa?
Patrik - Veramente siamo stati abbastanza inattivi per quasi tutto l’anno. Niente concerti, a stento qualche prova. Io e Stefan siamo stati a scrivere le nuove canzoni ma niente di più a questo è accaduto. La situazione cambierà presto e con speranza potremo riaffermarci un’altra volta sulla strada. Questo è essere in una band. Non è divertente stare solo in una puzzolente sala prove; se non cacci il culo sul palco qual è l’utilità di far parte di una band?
P.B. - Che tipo di chitarra elettrica usi per la sessione di registrazione e per quella live?
Patrik - Ho sempre usato il mio modello di Washburn Paul Stanley. Non è la migliore chitarra al mondo ma ha un attacco molto deciso e un suono distorto molto chiaro e percepibile. Per qualche assolo ho usato altre chitarre ma nel 95% delle volte ho utilizzato la mia. Non posso permettermi un'altra chitarra perciò devo fare il meglio con ciò che ho! Inoltre sono cresciuto con affetto ad essa ed è perfetta per il mio stile di suonare.
P.B. - Quando hai iniziato a suonare la chitarra?
Patrik - Credo fosse nel 1996 quando avevo 16 anni. Veramente non ho iniziato a suonarla fino all’anno dopo. Imparai molto in fretta all’inizio andando in una scuola di musica e il suonare con i The Forsaken mi ha fatto fare davvero molta pratica e lo fa tuttora. Ma fondamentalmente suono perché è divertente!
P.B. - Ti ispiri a qualche chitarrista in particolare?
Patrik - Veramente no. Ascoltare dischi non fa per me. La possibilità di fare un tour con grandi chitarristi è un’esperienza ispirante e puoi sempre imparare molte cose. C’è sempre qualcuno con un modo di suonare diverso e c’è sempre qualcosa che puoi introdurre nel tuo stile. Il tour dei Soilwork ne era un ottimo esempio. Wichers e Frenning costituiscono un eccellente duo ed entrambi hanno differenti modi di suonare. E’ molto fico vederli. Inoltre noi abbiamo un bassista per le session, Marios dei Nightrage che un brillante chitarrista anche lui con il suo tocco personale.
P.B. - Hai mai suonato in alter bands? Hai un progetto personale?
Patrik - Sì, ma niente di serio, un po’ di pezzi di prova sono ciò che è rimasto di quel tempo. In realtà non c’è proprio tempo per un side-project per me e preferisco spendere il mio tempo e le mie energie per i The Forsaken. Io ho un progetto musicale oltre ai The Forsaken ma non è orientato sul Metal bensì sul Jazz/Pop e lo faccio giusto per avere qualche variazione musicale nella mia vita.
P.B. - Quali sono i tuoi gruppi preferiti? Cosa ti piace ascoltare al momento?
Patrik - Al momento? Il nuovo disco dei System of a Down è stato piacevole per ora ed è un buon album, non ottimo ma nemmeno non-buono. Inoltre ho sentito molto i Pain of Salvation e Paradise Lost di recente. Per il Death Metal, veramente non lo ascolto molto mentre scrivo canzoni. Prima di tutto non voglio prendere troppe influenze e poi mi sto stancando di ascoltarlo. Quando ascolto Death Metal vado di solito soprattutto su roba vecchia come Carcass e Bolt Thrower. Non mi interesso molto dl materiale Techno-Death estremo. Ci sono in giro troppi musicisti eccellenti ma non granché bravi come compositori. Non è una gara di velocità, capisci…
P.B. - Conosci la scena underground Italiana?
Patrik - Non del tutto, mi spiace! Le uniche band italiane che conosco sono i White Skull (Tales From the North è uno dei miei dischi preferiti), i Lacuna Coil e i Rhapsody e difficilmente possono esser definiti underground. Ad essere onesto non conosco nemmeno molto della scena underground svedese... E’ veramente una vergogna, internet ha reso troppo facile scaricare tracce delle nuove bands ma ancora ci sono troppi pezzi da prendere di questi giorni. E in un modo era più divertente prima che venisse internet. Tutte le cose sono troppo facili. Ci sono migliaia di webzines, giusto un click ed ogni band ha una pagina web con le canzoni da scaricare. Ai vecchi tempi dovevi scendere dal metalstore locale (se lo avevi) e comprare una rivista. Se c’era qualche recensione interessante dovevi ordinare la demo dalla band o dal negozio. Se internet è la distruzione o il salvatore dell’underground non lo so, probabilmente tutti e due.
P.B. - Cosa ti piace di più dell’Italia? Verrai ancora in Italia nel futuro, non solo durante un tour europeo?
Patrik - Cosa mi piace di più? Il tempo, i fan del metal e il cibo (e le belle ragazze naturalmente). Il tour che abbiamo fatto con i Soilwork prevdeva qualche data italiana. E’ iniziato in Finlandia dove la temperatura era qualcosa tipo venti gradi sotto zero. Quando siamo giunti in Italia, poche settimane dopo, potevamo camminare in maglietta. La permanenza in Italia non fu così bella ma comunque i concerti furono stupendi. Prendi 100 metalheads italiani e sembrano 1000! Come si può spiegare la differenza tra la folla italiana e quella svedese? Gli italiani stanno vicino al palco mentre gli svedesi stanno con le spalle al muro. E il cibo…non farmi iniziare. Una volta eravamo un po’ in ritardo per un concerto e avevamo pronta la cena quaranta minuti prima di andare sul palco. Il cibo era talmente buono che mangiai finché non riuscii a muovermi a malapena! Pensai davvero che avrei dovuto suonare seduto al concerto perché ero troppo pieno. Funzionò comunque, anche se non feci headbanging come sempre per il rischio di vomitare. Se fossi più ricco e in grado di permettermi una vacanza mi piacerebbe andare in Italia qualche giorno, sembra essere proprio un bel Paese.
P.B. - Grazie per la tua gentilezza, Patrik! Speriamo che il vostro percorso musicale non si fermi mai! Puoi concludere l’intervista come preferisci.
Patrik - Grazie per l’intervista! Tenete gli occhi aperti per noi perché non siamo morti, abbiamo solo fatto un sonnellino pomeridiano! Stay Metal!