Dopo la pubblicazione di The Back Room, gli Editors hanno intrapreso un tour mondiale, che li ha portati anche in Italia. A parlare a RockLine.it direttamente da Torino è il batterista Ed Lay, che ci svela qualche segreto riguardo l'ultimo full-lenght...
P.B. - Ciao Ed! Voi Editors siete una delle più interessanti band di quest’anno, perciò iniziamo l’intervista con una breve presentazione del gruppo. Com’è nato questo progetto?
Ed - E’ molto incoraggiante essere descritti come un gruppo interessante! Noi, come band, abbiamo da sempre provato a scrivere canzoni che toccassero e che suscitassero emozione. Siamo andati avanti grazie ad un’amicizia molto profonda, parlando per lo più di musica e studiando insieme all’università. Creare una band sembrava la via perfetta per alimentare questo nostro rapporto ed essere più vicini alla musica a cui siamo appassionati.
P.B. - Siete molto giovani; pensate che il progetto possa durare ancora per molto?
Ed - Da sempre cerchiamo di avvicinare più gente possibile alla nostra musica. Abbiamo importanti ambizioni per la nostra carriera di musicisti, cercando di produrre più album e cercando di migliorare man mano il nostro obiettivo, e non abbiamo paura di crescere sostanzialmente.
P.B. - Quanto è difficile essere una rock-band famosa in un mondo-business come questo?
Ed - Legandoci alla Kitchenware, un’etichetta indipendente, abbiamo cercato di tenere noi stessi sotto controllo la nostra band il più possibile, perciò, non siamo molto preoccupati dal lato commerciale delle cose.
P.B. - Pensate che il vostro sound cambierà con il tempo, oppure preferite rimanere ancorati al vostro stile attuale?
Ed - Il nostro primo disco è solamente una fotografia istantanea della nostra musica. Le canzoni che scriviamo adesso sono indubbiamente differenti, e questo è dato dal fatto che stiamo crescendo e siamo molto più interpretatvi in quello che componiamo. Non abbiamo mai deciso di rimanere attaccati ad un unico stile in particolare; ogni cosa che ritroviamo nel nostro cammino ci eccita sempre.
P.B. - Puoi descriverci il significato del videoclip della canzone All Sparks?
Ed - In questi casi non ci interessiamo moltissimo al processo creativo per realizzare i video. Pensiamo che ci siano moltissimi e talentuosi artisti “visivi” che, ispirati dalla musica che scriviamo, possono venir fuori con nuove e specifiche idee e fare video interessanti nei quali essi diventano individuali segmenti artistici. Il videoclip di “All Sparks” può essere interpretato in varie maniere, una storia mitica, una visione di schiavitù e servigi, ma io di tale video apprezzo molto di più la sua commedia nera.
P.B. - Come definiresti la vostra musica attuale?
Ed - Siamo stati definiti come “disco dark”. Io credo sia un po’ fuori luogo.
P.B. - Quali sono le vostre principali fonti ispirative? Apprezzate band come Interpol o i vecchi Joy Division di Ian Curtis e la Wave inglese degli ’80s?
Ed - Credo che gli Interpol siano uno dei gruppi più speciali che sono venuti fuori dall’America negli ultimi anni, e da quello che ho sentito, sono molto considerati a livello nazionale. Da loro abbiamo preso per lo più l’uso del sound e dei testi, e lo stesso vale per band attuali come Elbow, Mogwai, e Grandaddy. Sono un’ottima fonte d’ispirazione. Poi queste band le abbiamo tutte viste dal vivo e siamo stati toccati più profondamente dalla loro musica, rispetto alle band degli anni ottanta che tu hai menzionato, perchè loro oramai sono un pò fuori tempo rispetto ai gruppi contemporanei.
P.B. - Che tipo di musica ascolti nel tempo libero?
Ed - In questo momento sto in un parco a Torino ascoltando un gruppo di New York chiamato Mobius Band, che ci hanno raggiunti nel nostro ultimo tour in America. Loro sono il risultato dell’incontro tra Elettronica e musica americana. Superbi.
P.B. - L’artwork di The Back Room è a tratti oscuro e misterioso. La cover e i testi dicono le stesse cose? E’ un concept album? Quali sono I suoi temi?
Ed - No, non è un concept album. Tom molte volte si ispira ai grandi temi della vita, l’amore, la sconfitta, e quindi può essere romantico a volte. Lui non tende a parlare di storie specifiche e per questo l’artwork riflette perfettamente tale sua ambiguità.
P.B. - Perché avete scelto Editors come nome per la band?
Ed - Editors, un nome qualsiasi sotto il quale porre la nostra musica. Il significato della parola non importa molto; esso vale di più come logo e per come noi ci riflettiamo come band in tale nome. Noi volevamo uscire fuori con un nome e un logo che non avessero alcun riferimento al tempo.
P.B. - Parliamo del futuro: state lavorando ad un secondo album o siete in un momento di pausa?
Ed - Le nuove bands non possono fermarsi se sono ambiziose. Stiamo pensando molto alla realizzazione del secondo disco, e credo che esso potrà essere registrato solamente dopo la fine dell’estate.
P.B. - E a proposito di esibizioni live? Avete pianificato qualche tour in giro per l’Europa?
Ed - Noi giriamo dal Febbraio del 2005, siamo stati in Inghilterra, Europa, America e di recente in Giappone. Al momento siamo impegnati in molti festival europei.
P.B. - Quindi ora siete in Italia?
Ed - Sì, sono qui adesso! Stiamo suonando allo Spaziale Festival di Torino ed è veramente bello essere qui. Abbiamo già suonato a Roma e a Milano un paio di volte e ci siamo divertiti moltissimo.
P.B. - Sei molto legato all’Inghilterra? Birmingham è stata in parte la fonte d’ispirazione per i vostri testi?
Ed - Birmingham ci ha aperto molte porte e ci ha dato molte opportunità per la nostra carriera e io credo che tutto il tempo che abbiamo passato li, nel bene o nel male, ha reso The Back Room quello che è.
P.B. - Grazie per la vostra disponibilità. E’ stata una splendida intervista. Buona fortuna per il futuro. Ciao.
Ed - Grazie mille a voi per l’interessamento. Ciao!