Domine
(Morby e Riccardo Iacono)
di: 
Riccardo Carcano Casali
04/06/2006



 

RockLine.it risponde all'invito dei Domine per assistere alla listening session della loro ultima fatica, e, dopo l'ascolto di quattro brani da Ancient Spirit, scambia qualche impressione con i disponibilissimi Morby e Riccardo Iacono, rispettivamente singer e bassista della band toscana...

R.C.C. - Ciao ragazzi. Bentrovati. Pensavo che potreste cominciare un po’ voi a parlarmi del vostro nuovo album, poi magari vi farò qualche domanda in base alle quattro tracce che ho ascoltato.

Riccardo - Mah…descrivere un disco non è molto facile. Anzi è per questo che si fa un disco, sennò uno faceva un libro. (ridono tutti, NdR)

Morby - Se sapeva scrivere…

Riccardo - Diciamo che secondo le nostre intenzioni ci voleva essere un’evoluzione, anche per quanto riguarda il discorso “Power Metal”. Compiere un’evoluzione aggiungendo influenze derivate dall’Hard Rock, Metal degli anni ’80, tornando su qualcosa che già era sedimentato da anni. Non ci siamo messi a tavolino e deciso come doveva essere la cosa: abbiamo semplicemente cominciato a suonare le prime composizioni, e ci sono piaciute.

Morby - Kansas…Hard Rock. Un Metal un pochino più vecchio. Delle sonorità che noi abbiamo in mente e che siamo sentiti di inserire, senza porci troppi limiti

Riccardo - C’è qualcosa che rimanda al Folk irlandese…

Morby - Ma anche due o tre pezzi tiratissimi, che non erano tra quelli che ti abbiamo fatto ascoltare.

R.C.C. - Una cosa che mi ha colpito è la lunghezza delle canzoni, cosa che, anche se non è una novità per voi, non smette mai di stupirmi.

Morby - Un pezzo lungo lungo c’è stato in ogni album. Ne abbiamo scritti anche da 12/13 minuti. La nostra media è intorno ai sei, sei minuti e mezzo direi…

Riccardo - …quelli normali… poi si va oltre.

R.C.C. - Ho visto due tendenze diverse: quella ad essere sempre epici, che è rimasta e, anzi, forse c’è ancora di più, come in The Messenger, la prima che mi avete fatto ascoltare, e quella ad essere più “progressivi”, a sperimentare…

Morby - Siamo ormai abbastanza grandi da avere varie stratificazioni di influenze musicali. Si cresce ascoltando tante cose, ed il progressive, quello di prima data ce l’hai in mente, e quando scrivi un pezzo certe aperture vengono abbastanza naturali. Anche perché non abbiamo mai fatto discorsi del tipo: “No, questo è troppo progressive”, “Questo è troppo acustico”, no, quello che ci piaceva l’abbiamo inserito. E’ stato un lasciar fluire quello che ci veniva più naturale metterci, senza stare a pensare a seguire il gusto della gente che l’avrebbe sentito. Volevamo fare qualcosa che piacesse a noi, senza snaturare i suoni, il genere.

R.C.C. - Mi è piaciuta molto Lady Of Shalot. Chi è la cantante che ti accompagna Morby?

Morby - E’ Valentina, ex cantante dei Beholder. In ogni album ormai mette qualcosa di suo…

R.C.C. - Di cosa parla la canzone?

Riccardo - E’ ispirata ad un quadro di periodo preraffaelita, o vittoriano. Per quanto riguarda i testi in generale, siamo andati su qualcosa di più spirituale, e il titolo dell’album, Ancient Spirit lo testimonia. Spirito che si richiama anche al discorso epico, ma visto come interiorità. Le nostre storie non sono quasi mai storie di battaglia che, per carità, a volte ci sono, ma si tratta di metafore…

Morby - Non si tratta di eventi guerreschi, ma appunto di metafore: la lotta tra il bene e il male…

Riccardo - … battaglie interiori che avvengono dentro di noi. Insomma non è il Conan che ammazza di qua e di là…

Morby - Usando delle ambientazioni epiche si vuole andare a parare su temi attuali: la vita oltre la morte, le persone che rivedrai e non hai potuto salutare. Se prendi la leggenda di Icaro non si parla delle ali di cera, ma il mito di ricercare qualcosa di impossibile e di trovare qualcos’altro, un sogno che all’apparenza è incredibile. Le cose vanno viste sempre in modo più ampio.

R.C.C. - In pratica la mitologia, il fantasy, sono degli utili spunti…

Morby - Esatto, lo spunto è mitologico e i termini usati sono epici, ma l’importante è che, se si parla di tempesta, non si pensi solo ai fulmini e alla pioggia…

Riccardo - In quest’ultimo disco, ascoltandolo dopo averlo registrato, mi accorgo che ci abbiamo messo un po’ più di “speranza”, di positività. Questo probabilmente è legato ai momenti che stiamo vivendo noi personalmente. Non che prima si stava male e ora si sta bene (ridono, NdR). Bisogna poi ricordare che il lato compositivo è sempre stata opera di mio fratello; poi noi curiamo tutto il resto, perciò bisognerebbe sentire lui su questi punti, per capire qual è stata la scintilla che ha dato vita a un certo tipo di sound. Ad ogni modo la cosa positiva è che, credo, abbiamo ormai raggiunto la maturità: ora abbiamo una stabilità maggiore di prima, dovuta proprio a come stiamo vivendo le nostre vite in questo periodo, e questo si riflette sulla voglia e sul modo di suonare.

R.C.C. - Parlando un po’ di sede live, oltre all’appuntamento del 2 giugno al Gods Of Metal avete in programma altre date dal vivo?

Morby - Sì, per il momento abbiamo un paio di date fissate, una a fine giugno a Gorizia, e poi a Ravenna, il primo di luglio se non sbaglio. Comunque non abbiamo preso troppi impegni perché bisogna che ci si prepari bene per l’uscita del disco che avverrà per la fine di settembre/inizio di ottobre, e di conseguenza metteremo su un set impostato su questo lavoro, anche perché non possiamo proporre brani del CD prima che questo sia uscito.

R.C.C. - A proposito dell’album, la copertina dell’album come sarà? Vedremo ancora Elric?

Morby - Sarà con Elric non in primo piano, per il resto…

Riccardo - In pratica la nostra pittrice ci sta lavorando, ma è un tipo particolare, non ci dice mai molto… comunque l’idea che le abbiamo dato è qualcosa di appunto “vittoriano”, che ricalchi il dipinto che ha ispirato buona parte dell’album.

R.C.C. - Una curiosità: il vostro primo album, Champion Eternal è uscito nel ’97, ma i Domine esistevano già da almeno dieci anni. Come mai avete dovuto aspettare così tanto per registrare il vostro debutto?

Morby - Probabilmente uno dei motivi era che non avevamo, nei primi demotape, una formazione che ci permettesse di finire un lavoro in modo completo. Questo cambia lavoro e va’ da un’altra parte, quello ha questo problema. Poi ci siamo spostati da Piombino a Firenze, e così altri cambiamenti, e non abbiamo mai messo giù bene le cose. Proposte discografiche non ce n’erano, questo è il quadro di quel periodo. Poi certo, una volta trovato un cantante in grado di sostenere quei pezzi che avevamo in mente nel modo giusto, un batterista come Mimmo Palmiotta (ora drummer dei Death SS, NdR), abbiamo fatto il disco. Un disco da garage, insomma, in uno studio di registrazione che però era un garage. Comunque il disco era il risultato di tutti gli anni precedenti, con cose buone e altre meno buone, che ad ascoltarle ora…

R.C.C. - Molti fan però reputano Champion Eternal una vera gemma, un pezzo da collezione…

Riccardo - Ok… è vero, è così che succede: prendi come esempio alcuni cantautori, o alcuni gruppi. Questi si registrano “artigianalmente” il primo lavoro, poi la fama aumenta, aumentano le possibilità a livello di produzione. Perciò hai ragione, il primo disco è venerato…

Morby - …ma i gruppi stessi riascoltandolo si dicono: “Porca miseria, se avessi potuto fare così…”. Insomma, l’autore tende sempre ad essere perfezionista, a vedere quello che non c’era, quello che si sarebbe potuto fare e non si poteva.

Riccardo - Forse in Champion Eternal c’è qualcosa di più diretto, e a certi fan andava meglio così… in fondo il metal, anche se ora ci sono tante cose complesse e raffinate, è pur sempre una musica diretta, semplice.

R.C.C. - Almeno in origine lo era…

Riccardo - Giusto. Perciò se uno non vede la qualità nella registrazione, ma vede nei suoni un po’ grezzi qualcosa di più “autentico”, allora è chiaro che apprezzi altre cose. Ma per me l’autenticità non è nella qualità del suono buona o cattiva, bensì in qualcos’altro. Tendo in ogni caso a considerare Champion Eternal un buon disco, tanto che alcuni pezzi li abbiamo, anche se di rado, riproposti in sede live.

R.C.C. - L’anno scorso avete fatto da spalla ai Judas Priest per un loro concerto qui in Italia, com’è stato?

Morby - Un’esperienza bellissima, anche perché avevamo suonato spesso con gruppi importanti, ma mai come opening act, solo nello stesso contesto insomma, e mai immediatamente prima. Quando abbiamo avuto quella possibilità è stata una grande emozione, anche perché i Judas Priest sono il primo gruppo metal che ho ascoltato col cuore. Poi il fatto che la gente ci abbia ricevuto bene è stata una conferma importante per noi ad andare avanti. Dal punto di vista professionale direi che è una delle esperienza più belle che abbia avuto.

Riccardo - Per noi è stato un onore, una, come dire, “consacrazione”. Non che avessimo bisogno di essere consacrati da nessuno… però suonare una buona volta con le luci giuste, con il sound-check fatto e fatto bene. A volte suoni prima si un gruppo e il sound-check non c’è, le luci nemmeno… è brutto, perché si tende sempre a privilegiare il gruppo più importante…

Morby - E’ vero, ognuno dovrebbe avere la stessa qualità del suono, le stesse possibilità, e la competizione ha poco a che fare con questo.

R.C.C. - Avete ragione, io stesso come fan vado magari ad ascoltare quelli che suonano prima, meno famosi ma altrettanto bravi, e rimango deluso dal sound.

Morby - Già… che poi se ci pensi la colpa viene magicamente data alla band…

Riccardo - Sono rituali “di valore” che hanno poco significato ma che comunque esistono. Uno suona prima per cui è peggiore: non è vero, che vuol dire..

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