Esclusiva intervista ai Caravan, la band che ha cambiato la visione del Progressive inglese permettendo l'evoluzione della scena di Canterbury. A parlarne a RockLine.it è il tastierista Jan Schelhaas, che racconta la storia delle sue origini musicali e di come è cresciuta una delle formazioni Progressive più significative degli anni Settanta...
E.B. - Ciao Jan! Come stai? E’ un onore per me poterti intervistare. Voi Caravan avete sempre rappresentato l’anima del Canterbury negli anni Settanta…
Jan - Ciao! Sto bene in questi giorni, probabilmente come non sono mai stato. Mi sento socievole e a mio agio, penso che sia felicità.
E.B. - Bene, allora possiamo iniziare l’intervista con una domanda relative all’inizio della tua carriera. Qual è stato il tuo primo incontro con la musica e in quali progetti hai preso parte nei primissimi anni?
Jan - Questa domanda permette alla mia memoria di ricordare le prime esperienze musicali che catturarono la mia attenzione, quando ero bambino. Mi ricordo in particolare del tema di The Third Man. Mia madre mi portò a vedere il film ma avevo solo cinque anni e quindi non ero riuscito a comprenderlo veramente ma ricordo che mi sentii incredibilmente triste per non poter riprodurre il suono che avevo sentito sul nostro pianoforte. Successivamente scoprii che quel suono era di uno Zither. Crescendo a Liverpool durante gli anni Sessanta fu poi come essere sulle montagne russe. I Cavern Club e i Beatles erano figure di spicco per tutti i sedicenni di Liverpool e quindi iniziai a suonare il basso nella mia prima band Pride & Joy (l’avevamo fondata a scuola nel 1964, principalmente per conquistare ragazzine). Suonammo a diversi matrimoni e in alcuni club, proponendo materiale di Chuck Berry, dei Rolling Stones e dei Beatles.
Presto comunque il Soul diventò di moda e quindi estendemmo la formazione fino a otto elementi, la Buzz Band, che coverizzava materiale Soul della Stax Records. Il nostro manager era Don Arden e la band si spostò a Londra tra il 1967 e il 1968. Stavo ancora suonando il basso e pubblicai con loro il nostro primo singolo (con l’etichetta Deram), una canzone di Sam & Dave, chiamata Don’t Knock It. Tornammo a Liverpool nel tardo 1968 e godemmo di una buona popolarità ma Bernie, cantante e punto centrale del gruppo (ora sfortunatamente defunto) decise di lasciare. Io ero distrutto.
Fu allora che un bassista locale, Dave Paul, dopo aver ascoltato qualcosa che all’epoca si chiamava Underground Music (e che successivamente venne chiamato Progressive), mi contattò per formare, insieme al chitarrista della Buzz Band, Neil Ford, una band dove io avrei suonato il pianoforte. Stavamo ancora cercando un nome quando un uomo ci raggiunse alla fine di un concerto e ci disse: “Wow, ciò che suonate può essere un successo!”. Correva l’anno 1969.
Dopo lo sbarco sulla Luna la nostra attenzione fu colpita da un LP chiamato The Rock Machine Turns You On, che comprendeva le performance di Grace Slick, Frank Zappa, Moby Grape e, se non ricordo male, dei Blood, Sweat & Tears. Anche i primi LP dei Traffic erano sempre presenti nella nostra playlists, a tal punto che realizzammo una cover di No Time To Live.
E.B. - Giunsero poi gli anni Settanta, che segnarono il trionfo del Progressive. Cosa ci puoi dire riguardo quel periodo di grandi cambiamenti? Vi sentivate parte di una rivoluzione musicale?
Jan - Le prime bands del Canterbury devono essersi formate in una sorta di universo parallelo, mentre noi eravamo immersi nella scena di Liverpool. Ricordo in particolare il Pub O’Conner, un punto d’incontro di musica e poesia. Era abitualmente frequentato da Adrian Henry, Roger Mc Gough e Brian Pattern. Iniziammo a scrivere i nostri primi brani e fummo notati da Roger Mc Gough, che ci chiese di comporre musica per gli Scaffold (famosi per Lilly The Pink, ma più important per le loro poesie e i loro sketch). Mentre i Caravan si stavano formando, la nostra band si stava evolvendo in una realtà di livello nazionale, con Lee Kerslake alla batteria (che poi si unì agli Uriah Heep). Registrammo un LP nel 1971, Albert 1, prodotto da Eddie Offord degli Yes. In questo periodo le nostre influenze principali erano i Blind Faith, i Jethro Tull, i King Crimson, per non parlare di Hendrix e dei Led Zeppelin. Per rispondere alla tua domanda sulla rivoluzione progressiva, penso che ogni generazione dal Rinascimento si sia espressa attraverso l’arte, la musica, la letteratura e la moda. I nuovi tentativi sconvolgono sempre i modelli precostituiti ma poi diventano loro i nuovi modelli. Questo fu vero sia per gli anni Venti, come per il Punk Rock degli anni Settanta. Pertanto fu incredibilmente esaltante sentirsi “fighi e sconosciuti” come “band dell’Underground”, che doveva portare la torcia per quella generazione. Poi dopo dieci anni tutte gli acts del genere vennero ironicamente etichettati come “dinosauri”.
E.B. - Mentre la scena di Canterbury stava diventando una realtà significativa, anche in Italia si sviluppò un panorama che ritengo tanto importante quanto quello del Progressive inglese. Conoscevi la scena italiana? Quali erano le differenze tra i due modi di intendere il Progressive?
Jan - Purtroppo non riesco a rispondere a questa domanda, perché la maggior parte dei musicisti britannici era completamente ignara dell’esistenza della scena italiana. Penso che il nostro problema fu l’indolenza che sembra affliggere tutti i Britannici, della serie “parliamo inglese e ci aspettiamo che tutti gli altri in Europa lo capiscano” (concetto davvero orribile).
E.B. - Tornando ai Caravan, come cambiò il sound della band quando tu entrasti?
Jan - La gente mi ha sempre detto che la musica diventò più Funky. Questo dipese forse dal fatto che impiegai da subito il Clavinet D6, uno strumento tipico del Funky, ma penso che il motivo principale fu la mia passione per Herbie Hancock (degli Headhunters) e per Stevie Wonder.
E.B. - Una curiosità: prima che tu ti unissi ai Caravan, gli altri stavano per pubblicare un album intitolato Toys In The Attic, che alla fine invece benne chiamato Cunning Stunts. Conosci la ragione del cambiamento del titolo? C’è qualche connessione con il celebre disco degli Aerosmith?
Jan - E’ facile rispondere a questa domanda. Semplicemente si verificò un caso per cui due bands avevano avuto la stessa idea nello stesso momento. Ma gli Aerosmith lo pubblicarono prima di noi.
E.B. - Voi Caravan avete sempre variato il vostro genere, spingendovi dal Progressive al Jazz, dal Canterbury al Rock psichedelico. A quale genere ti senti maggiormente legato? Quale rappresenta meglio la tua personalità?
Jan - Penso che sia bello cercare di descrivere la musica dopo che questa sia stata composta ma la classificazione finale non rappresenta mai un fattore del motivo per cui la si suona. Preferisco lasciare le “etichettature” ai critici. Io trovo elementi positivi in tutti i generi da te citati ma semplicemente suono ciò che amo, sperando che anche gli altri possano apprezzare, al di là di come lo preferiscano chiamare.
E.B. - Nel 1973 lavorasti con Gary Moore per Grinding Stone. Cosa ci puoi dire riguardo quell’esperienza?
Jan - All’epoca condividevo un appartamento con Gary e lui era parecchio legato alla Allman Brothers Band e a Santana. Fare concerti era comunque di fondamentale importanza. Saremmo anche stati disposti a viaggiare nel vano di un aereo a Luton con i nostri strumenti (questi sono solo alcuni aneddoti).
E.B. - Hai suonato nei Camel dal 1979 al 1981, lasciando un segno importante con I Can See Your House From Here e con Nude. Quest’esperienza ha giocato un ruolo rilevante nella tua carriera?
Jan - Mi sono unito alla band in verità nel 1978 insieme a Dave Sinclair per prendere parte al tour di Breathless. La mia collaborazione in fase di song-writing con Andy Latimer mi riempì di gioia. Conserverò sempre un bel ricordo del mio periodo nei Camel. Andy è parecchio malato ora e sono sicuro che tutti vorranno augurargli una pronta guarigione.
E.B. - Qual è il concerto di cui conservi il miglior ricordo? Perché?
Jan - Penso che il concerto più memorabile non si riferisce all’ambito “band” o all’ambito “pubblico”, ma al mezzo di trasporto usato.
Noi Caravan stavamo iniziando il tour americano nel 1975 per promuovere Cunning Stunts ma alcune complicazioni ci costrinsero ad andare prima in Canada e poi a Seattle, dove ci imbattemmo a colazione in Frank Zappa alla famosa Edgewater Inn, prima di volare a San Francisco per il primo concerto a San Jose. Ian Copeland (fratello di Miles e Stuart), il nostro tour manager, ci trovò all’aeroporto con due Cadilac con gomme bianche e decappottabili. Ognuno con una bottiglia di Champagne. Questo perché avevamo viaggiato nel vero stile Rock ‘n Roll nell’autostrada per San Jose sotto il cocente sole californiano. Ricordo che in quei momenti pensai: “Non può andare meglio di così!”.
E.B. - Quale fu il periodo migliore della vostra carriera musicale e quale il peggiore?
Jan - Credo che il miglior periodo sia quello più recente con i Caravan perché siamo riusciti a realizzare molto a livello musicale. La nostra band stava davvero diventando un caposaldo quando si verificò la triste malattia di Richard. Il mio peggior periodo invece fu tra il 1992, quando il mio studio e compagnia di registrazione (Soul City Records) furono colpiti dalla grande crisi, e il 2002, quando improvvisamente ho sentito lo stimolo di scrivere e di esibirmi ancora.
E.B. - Cosa pensi della scena Rock attuale? E delle evoluzioni del vecchio Progressive?
Jan - Stranamente mi sento molto più vicino alla scena contemporanea rispetto a quella fondamentale ma anarchica dei tardi anni Settanta, principalmente perché l’intuizione, la melodia e la liricità sembrano essere tornate. Come ho detto prima, non amo le etichette ma se me richiedete, direi che fino a quando si cercherà di connettere l’universo a noi comuni mortali, allora vedrò di essere attivo nella scena musicale e lo si potrà chiamare Progressive o come si preferisce.
E.B. - Che cosa ha rappresentato per voi il concerto del trentacinquesimo anniversario?
Jan - Il DVD è stato una buona istantanea della band attraverso la propria evoluzione fino al 2005. Sfortunatamente ci sono stati diversi problemi tecnici per la produzione. Il concerto fu grandioso ma la sincronizzazione e la qualità del suono riscontrarono difficoltà, posticipando la pubblicazione. Mi diverto ancora a guardarlo comunque. Il set acustico è supportato dai fantastici flauti di Jimmy Hastings; inoltre sarà bello rivederlo negli anni per ricordarsi cosa voleva dire avere i capelli.
E.B. - Per quanto riguarda il tuo progetto Dark Ships, cosa puoi dirci?
Jan - Ho iniziato a lavorare a Dark Ships dolo il festival sull’Isola di White del 2005 ed è stato un lavoro di grande passione. Altri due musicisti, Doug Boyle e Jimmy Hastings dei Caravan, entrambi grandi talenti, mi hanno aiutato nel progetto e sono incredibilmente contento del fatto che il materiale sia piaciuto loro. Ci sono dodici tracce, Doug suona nella sesta e Jimmy nella terza. Il progetto è quasi concluso e così ho postato alcune tracce sul MySpace, che variando da periodo a periodo. Il responso per ora è stato grandioso e quindi spero di poter pubblicare tutto all’inizio del 2008.
E.B. - Quali sono i tuoi progetti futuri oltre a Dark Ships?
Jan - Ho appena cominciato a lavorare anche al progetto successivo ma sono ancora impegnato ad installare il software per stimare che cosa mi ha insegnato lavorare a Dark Ships.
E.B. - Partirai per un tour poi?
Jan - Mi piacerebbe ma non spetta a me dirlo. Se la fortuna sarà dalla parte di Dark Ships, allora sarò in tour molto presto. D’altra parte Pye sta scrivendo per i Caravan, Andy per i Camel e so che Doug sta componendo un progetto con il contributo di Jimmy Hastings. Quindi chissà che cosa potrà accadere…
E.B. - Qual è il tuo rapporto con l’Italia?
Jan - Prima che tu mi contattassi per questa intervista non avevo idea che qualcuno in Italia mi conoscesse al di là della storia della band. Quindi sono onorato per quest’opportunità. Certo questo è il primo contatto che ho avuto con la stampa Rock italiana e quindi non so come ringraziarti. Spero che Dark Ships possa permettermi di stabilire un rapporto costante di amicizia con il vostro Paese. Nel frattempo siete tutti i benvenuti a visitare la mia pagina MySpace e spero di vedervi presto. Grazie ancora e arrivederci!